Un’immagine di gente dedita alla malavita che pian piano sta scivolando via. Grazie alla collaborazione con l’Italia nel controllo dei traffici di uomini e stupefacenti, certo. Ma soprattutto in funzione di uno sviluppo economico e imprenditoriale che fa desiderare a sempre meno persone di lasciare il proprio Paese. Una comunità di quasi mezzo milione di individui che vive in Italia. La gran parte al nord, dove c’è più lavoro, qualche migliaio a Roma. È questa la fotografia della comunità albanese che vive nella penisola, balzata brevemente sotto le luci dei riflettori dopo i disordini a Tirana. «Siamo diffusi in tutt’Italia, la maggior parte tra Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna», spiega l’ambasciatore Llesh Kola, dal 2006 rappresentante della Repubblica di Albania in Italia, «a Roma e nel Lazio sono circa ventimila, dei quali circa 5.500 a Roma, secondo i dati in nostro possesso».
Partiamo dai fatti più recenti: la stampa italiana ha trattato in modo diffuso, ma discordante nelle interpretazioni, le vicende di politica interna che hanno visto alcune manifestazioni di piazza qualche settimana fa. Qual è la situazione adesso?
È stata una situazione anormale, difficile, che ha rovinato l’immagine dell’Albania, sulle prime pagine in Italia e sui media internazionali. Purtroppo è successo. Ci auguriamo che sia un momento che rimanga lì e che non abbia seguito. È stato un gruppo che pare essere ben organizzato. Ma su questo deve esprimersi la giustizia, che sta indagando. Ci auguriamo che gli organizzatori di questa protesta che ha voluto attaccare con violenza le istituzioni democraticamente elette siano giudicati in modo preciso e chiaro. Noi denunciamo la situazione e condanniamo la violenza, e ci auguriamo che questi atti non accadano mai più. Le nostre sono istituzioni democraticamente elette, non le si può rovesciare con la forza. Anche perché in democrazia tutti hanno diritto di parlare
Passando ai rapporti fra i nostri Paesi, qual è il grado di integrazione della comunità albanese in Italia?
Secondo i dati italiani è la comunità straniera più integrata nel vostro Paese. Abbiamo un passato difficile, durato almeno fino a pochi anni fa. Abbiamo avuto molti problemi, che sono stati a tema del dialogo con le autorità centrali e locali, ma grazie alla capacità dei nostri connazionali nel tempo sono riusciti ad integrarsi bene. In questo è stata fondamentale la possibilità del ricongiungimento dei familiari. Per gli albanesi il fatto di poter avere i propri figli e le proprie famiglie al loro fianco ha aiutato le potenzialità di integrazione. Gli albanesi si trovano bene in Italia, sono sempre stati ricevuti bene, e siamo grati per questa accoglienza, sia dal versante dell’istruzione che da quello sociale.
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Fino a una quindicina di anni fa il pregiudizio dell’albanese, in quanto tale, impegnato nel malaffare era molto diffuso. Oggi invece si parla in modo del tutto normale degli albanesi. A cosa si deve questo mutamento?
Insisto sulla parola che lei ha appena detto: pregiudizio. Che significa giudicare prima qualcuno che non conosci. Molti italiani non conoscevano bene gli albanesi: le loro capacità, la loro cultura, la loro storia. E questo ha favorito il fatto che una parte degli italiani abbia sviluppato un giudizio preconcetto nei nostri confronti. C’è anche da dire che alcuni albanesi hanno “dato una mano” nell’alimentare questa visione, dedicandosi ad alcune attività criminali. In democrazia ognuno paga per quello che ha fatto. Ma se un albanese commette un reato non è giusto che paghino tutti gli albanesi. In nome di alcuni, il pregiudizio si è diffuso sull’intera comunità. Ma il tempo ha mostrato che le capacità degli albanesi erano vere, e il processo di integrazione si è trasformato in una realtà. E allo stesso tempo l’accoglienza degli italiani e il lavoro delle istituzioni è stato alla lunga determinante.
In cosa?
Nel favorire il ricongiungimento. È stato determinante. Una persona lontana da casa, magari senza lavoro, se non ha la famiglia, la moglie, i figli, ha una capacità di integrarsi notevolmente ridotta. In condizioni di emarginazione gli incentivi a delinquere sono infinitamente maggiori. Invece, con i propri cari vicino a lui, è molto più facile che faccia una vita tranquilla, normale.
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Ad oggi quali sono i rapporti tra Italia e Albania?
Sono eccellenti in tutti i campi. In Italia la nostra festa nazionale, il 28 novembre, la celebriamo a Roma in via Veneto, la via della dolce vita. E mi viene da dire che è perché i nostri rapporti con l’Italia e con la città sono “dolci”. Grazie al lavoro comune che abbiamo fatto, siamo riusciti a instaurare un rapporto molto fruttuoso. L’Italia è il primo partner economico e commerciale dell’Albania. Abbiamo frequenti rapporti istituzionali, scambi di visite a tutti i livelli. Poi bisogna ancora lavorare molto, non si è mai soddisfatti. Ma al di là di questo la realtà è che l’Italia è il nostro primo partner, strategico e vitale. In questo la comunità albanese presente in Italia è un fattore fondamentale per consolidare i nostri rapporti eccellenti. A tema oggi non c’è più l’immigrazione, la criminalità, il traffico di stupefacenti e degli esseri umani. Oggi lavoriamo su come avvicinare i due Paesi, come aumentare la nostra amicizia, far crescere il business, attrarre i finanziamenti italiani nei settori che per noi sono strategicamente rilevanti.
Stop alla criminalità e sviluppo economico: sono queste le ricette del progredire e dell’evolversi dei rapporti tra i due Paesi.
Innanzitutto è stata necessaria una collaborazione stretta tra le istituzioni albanesi e quelle italiane per fermare gli sbarchi di persone e di stupefacenti. Il governo italiano ha considerato su questo versante l’Albania come un modello in tutto il Mediterraneo. Abbiamo forzato quelle che erano le nostre leggi interne per fermare questo processo. E non è stato facile, anzi. Se si unisce ad una condizione economica che favoriva l’emigrazione, potete capire il problema che abbiamo affrontato fino a pochi anni fa. È ferma decisione del nostro governo non permettere più a nessun cittadino di passare illegalmente oltre confine. Una decisione che ha aiutato sia l’immagine del nostro Paese che le politiche italiane sull’immigrazione. In secondo luogo la crescita economica sta iniziando a permettere agli albanesi di guardare al proprio futuro in patria. Ci sono anche albanesi che vivono qui e che iniziano a pensare di tornare in Albania per investire in patria.
(Pietro Salvatori)