È bello indossare la casacca di plastica, spero biodegradabile, con scritto Banco Farmaceutico, mettersi davanti al manifesto con la “faccia facciosa” di Paolo Cevoli che reclamizza quest’opera di carità e semplicemente tendere la mano, spiegando un poco. Ma bastano cinque secondi: tutti capiscono tutto. Si tratta di acquistare alcune medicine che magari la Asl non passa, saltando burocrazie e carenze di denari dell’amministrazione pubblica, e fidarsi. Fidarsi di chi ti dice: ehi, abbiamo l’elenco dei prodotti farmaceutici richiesti specificamente da medici, da enti che non sanno come fare altrimenti. Fidarsi anche del proprio gesto, accettare umilmente di essere utili con 7 euro, 9 euro.



La giornata della raccolta del farmaco ho avuto la grazia di viverla insieme a due ragazze, Stefania ed Ilaria, alla farmacia del Quirinale di Roma. La destinazione dei medicinali era assai particolare. Era per la Caritas impegnata a Regina Coeli. L’infermeria del carcere aveva fatto sapere di quali prodotti maggiormente necessitano i detenuti, i quali spesso non hanno nessuno che li sostenga, e certe pomate non si riesce proprio a fornirle.



Le ragazze che stavano con me sostengono i carcerati con attività di “sportello”: aiutano – se ho compreso bene – a compilare questionari che consentiranno a chi si trova nelle condizioni di legge di poter scontare la detenzione in case-famiglia.

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Per parte mia Consuelo De Lorenzi, che è un po’ l’anima del Banco Farmaceutico nei rapporti con il Parlamento e non solo, mi accompagna nelle visite nelle carceri, ed è nata da questi incontri l’idea di rispondere ai bisogni di questa comunità che sta dietro le sbarre. Non si tratta di essere “generosi”, ma di adempiere ad un invito del Divin Maestro, imitarlo come si può, immedesimarsi con il cuore di Gesù. Da lì viene il bene personale e il bene comune. Ed una certa umiltà specie in noi politici… E per chi a Cristo non crede, c’è da accettare lealmente il desiderio del proprio cuore che spinge alla commozione per i bisogni del prossimo.



 

Lo spettacolo di umanità è incantevole. Circa il 50 per cento dei clienti della farmacia accettano di donare un farmaco. C’è la consapevolezza di essere tutti una famiglia. Magari durerà poco, ma dice la verità del nostro essere. Educa tutti: chi sta con la casacca e chi si lascia interrogare da una mano tesa che chiede aiuto.

 

Alcuni dinanzi al destinatario dell’offerta si tirano indietro: «Ai carcerati niente, per me devono soffrire», dice un signore. Ma sono una piccola minoranza. E si vede che dopo stanno peggio. Un signore prima ha detto così, poi è tornato. Si impara insieme, ci si educa in un gesto semplice.

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