«Sotto la dottrina del multiculturalismo di Stato abbiamo incoraggiato differenti culture a vivere vite separate, lontane l’una dall’altra e da quella principale. Non siamo riusciti a fornire una visione della società alla quale sentissero di voler appartenere. Abbiamo anche tollerato che queste comunità segregate si comportassero in modi che contraddicevano del tutto i nostri valori». L’ha detto David Cameron a Monaco ma avrebbe potuto dirlo, con uguale efficacia, Gianni Alemanno a Roma.



La triste vicenda dei bambini morti nel campo rom della capitale si intreccia – per caso ma mica tanto – con il dibattito aperto dal leader conservatore britannico sul futuro delle società multirazziali. Quando le ruspe partono per sgomberare i campi nomadi abusivi, in qualsiasi parte d’Italia, si attivano con un riflesso praticamente pavloviano i lamenti di chi invoca rispetto, solidarietà, tutela degli stili di vita diversi dal nostro.



Se David Cameron facesse il sindaco di Roma sarebbe convinto del contrario e affermerebbe senza timore alcuno che è profondamente razzista e ingiusto segregare intere popolazioni in campi abusivi, senza il rispetto della basilari regole igieniche, di sicurezza e senza urbanizzazioni primarie in grado di garantire ai figli di quelle famiglie un futuro dignitoso.

Il buonismo di Stato, travestito da rispetto delle culture di origine, ha fatto diventare naturale l’accettazione passiva di ogni comportamento e ha fatto sparire, lentamente, ogni confine esistente tra società diverse. 

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Capita così che l’Italia che scende (giustamente) in piazza per i diritti delle donne o dei lavoratori, contemporaneamente consenta e incentivi la formazione di ampie sacche di illegalità e di clandestinità dove i diritti che riconosciamo universali e fondanti del nostro vivere civile sono calpestati e ignorati. Non si tratta, qui, di rinvigorire folkloristici modelli law&order, quanto più di riaffermare i valori che stanno alla base del nostro modello sociale.

 

Nella cultura rom vi è l’accampamento e la baraccopoli come abitazione e vi è il rifiuto del lavoro come forma di mantenimento (mentre rimane scolpito perentoriamente all’art.1 della nostra Costituzione). Di più: i rom non contemplano il concetto di proprietà privata e considerano normale appropriarsi delle altrui cose, così come considerano normale non rispettare leggi, regolamenti, usi e costumi della società in cui si trovano. Rifiutano l’identificazione, il censimento, le registrazioni sanitarie e l’obbligatorietà scolastica. È tollerabile tutto questo? È tollerabile, per dirla concretamente, che dei bambini muoiano soffocati dalle fiamme e dal fumo perché i genitori sono andati al fast-food e li hanno lasciati soli in una casa che non rispetta nessuna norma sulla sicurezza e sull’igiene?

 

David Cameron, se fosse sindaco di Roma, direbbe di no.

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