«Un’esplosione di sesso, sangue e rabbia», promette la locandina di presentazione sul sito di Sky. Quello che parte oggi, in piena concorrenza all’istituzionale Festival di San Remo, è uno degli avvenimenti televisivi dell’anno: lo sbarco in Italia della serie televisiva Spartacus, di Sam Raimi. La serie, programmaticamente pulp, fa il verso in costume – forse inconsapevolmente negli autori americani, ma più che coscientemente nei programmatori italiani– a Romanzo criminale, forzando i toni su tutto il fronte.



Il successo è assicurato. A Roma, poi, nemmeno a parlarne: sarà per tanti una giustificazione delle degenerazioni dell’oggi, della violenza nelle borgate, delle baracche che prendono fuoco facendo stragi di bambini, dei tumulti da derby sulle curve dell’Olimpico, nella storia di ieri. Certo che questa deriva di sentimenti antichi fa pensare. Per ora la registriamo. Se ieri era Ben Hur che sbancava i botteghini, ritrovando nelle forme del colossal americano la storia della Roma bimillenaria che si andava ad accompagnare alle interpretazioni magistrali di Anna Magnani in Mamma Roma, oggi si cambia registro. Ieri era la ricerca dell’eroe positivo, seppure alla guida di un popolo di diseredati, a imporsi in un impasto di amori dolci e svolazzanti tuniche; oggi è il trionfo del trash programmatico.



Il sito di Sky presenta questo Spartacus come ambientato in una antica Roma «trasformata in una purulenta Gomorra stritolata dal vizio, una soffocante Sodoma in cui contano solo il denaro, il sesso e il potere». Una caricatura di Quentin Tarantino, certamente con meno ironia e consapevolezza di sé.

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La Magliana del serial tv sulla Banda di Renatino, del Dandi e del Sorcio, dovrà apparire una cosa per mammolette e pariolini, al confronto. Resta invece di chiedersi se questo ritorno della Roma antica, soprattutto quella delle guerre civili fra repubblica e principato, è un trend o qualcosa di più.



 

Dal punto di vista letterario sono anni ormai che libri e romanzi su questi due secoli a cavallo dell’anno zero sono usciti dagli scaffali specialistici per puntare diritti alle vetrine. Persino un successo ormai vecchio, come “Io, Claudio” di Roberto Graves è stato rieditato dal Corbaccio assieme al suo seguito – “Il divo Claudio” – per contendere il successo ai fortunati romanzi storici di Robert Harris (dopo “Pompei” sono arrivati “Imperium” e “Conspirata” a far rivivere le gesta di Cicerone) o ai best sellers sull’impero romano di Piero e Alberto Angela.

 

Non c’è bisogno di scomodare Giuliano Ferrara per trovare paralleli fra le prime pagine dei quotidiani di questi giorni e le cronache della corte imperiale di allora. Ma sarebbe bene non cercare giustificazioni facili nel passato. Per adesso godiamoci questo Spartacus con le sue folle finte del circo a osannare un eroe unto ad arte oggi come ieri: per lo spettacolo.
 

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