Nella testa di chi ha assistito a questa prima giornata degli Stati Generali della città di Roma rimarrà impressa soprattutto un’immagine: quella del futuristico progetto neo-tradizionalista di Léon Krier per la ricostruzione di Tor Bella Monaca. Alcuni scorci dell’ambiziosissimo progetto le mostreremo in queste pagine; ma il piano per Tor Bella Monaca è solo un pezzo – certo, il più impressionante – di un programma per la trasformazione del volto dell’intera città di Roma.
Si chiama “città policentrica e solidale”. Ci siamo fatti spiegare dall’architetto Loreto Policella di cosa si tratta. «Oggi c’è una differenziazione “funzionale” tra i diversi quartieri di Roma – chiarisce Policella –. Ci sono quartieri dormitorio, quartieri di uffici, quartieri con una grande offerta culturale. La città non è costruita intorno all’uomo, ma è l’uomo che deve spostarsi per rispondere ai bisogni della propria vita». Non è solo un problema di “comodità”: «Una città strutturata in questo modo deve fornire imponenti servizi per la mobilità, infrastrutture viarie efficienti. Altrimenti diventa invivibile». E spesso questo è proprio il caso di Roma.
Lo ha messo in evidenza anche il sindaco di Roma Gianni Alemanno, presentando oggi il piano davanti agli Stati generali della città. «Oggi a Roma non c’è luogo vivibile e interessante fuori dal centro storico – sostiene il sindaco –. Dobbiamo fare in modo che anche nelle periferie ci siano luoghi che valga la pena visitare, in cui valga la pena vivere». La pianificazione urbana deve tenere quindi conto di queste necessità: «Le periferie – ha aggiunto Alemanno – devono essere attrattive e interessanti per il futuro. Serve il massimo della conservazione del centro storico e il massimo della modernità nelle periferie. Le nuove metropolitane non devono gravare su un centro storico già sovraccarico, ma valorizzare le periferie».
L’architetto Policella ci racconta che l’idea, in realtà, non è del tutto nuova: «La “Città policentrica e solidale” di cui si è parlato oggi riprende le Centralità Urbane già previste nel piano regolatore di Veltroni, ma integrate con le tematiche della promozione sociali e quelle dell’identità». Il quartiere, ha detto Alemanno, deve diventare strumento per valorizzare le identità specifiche di ogni comunità territoriale. Una bella idea che è nell’aria da molto, ma che fino ad ora non è stata attuata concretamente.
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È anche per enfatizzare il riferimento alle “tradizioni” dei territori che a disegnare la nuova Tor Bella Monaca è stato chiamato Léon Krier. I bozzetti presentati dall’architetto riprendono l’idea della “torre”, ma riportandola al suo significato originario. Non più grattacieli spersonalizzanti, ma edifici che ricordano le vecchie torri comunali: alte non più di pochi piani, ma punto di riferimento per la vita del “borgo”. Le nuove torri svetteranno sulle piazze centrali di ognuno dei microquartieri che costituiranno la nuova Tor Bella Monaca, ospitando al loro interno appartamenti, uffici, negozi.
Policella ci spiega che lo stile scelto da Krier è «uno stile eclettico, romanticamente ispirato a stilemi neoclassici e rinascimentali; una città che evoca il Novecento italiano e l’architettura metafisica dei quadri di De Chirico». Una decisione che stona un po’ con l’enfasi posta da Alemanno sulla necessità di donare alle periferie «il massimo della modernità». Invece, dice Policella, si è scelto uno «stile antimoderno» e poco originale.
A parte questo tuttavia l’iniziativa rimane affascinante e segna un passo importante in direzione di una città più vivilbile: «L’amministrazione tenta di coniugare la definizione di un modello di città policentrica e dimensionata sulle capacità pedonali dell’uomo, in cui l’orizzonte della vita quotidiana del cittadino non sia dato dai 60 chilometri del Grande Raccordo Anulare ma sia racchiuso in centri da 6 chilometri ciascuno. Questa – insieme alla riproposizione del piccolo isolato urbano, la casa di 3 o 4 piani e le funzioni miste – è la novità più interessante emersa dagli Stati generali».
I dubbi però rimangono. La demolizione e ricostruzione di Tor Bella Monaca impiegherà, nei piani, circa sei anni. Non solo: «Come ha ammesso l’assessore Ghera – aggiunge Policella – la macchina burocratica comunale fino ad ora non si è mostrata molto disponibile ad accelerare sui tempi». I costi, per quanto ripartiti tra settore pubblico e privato, saranno esorbitanti: per l’intera operazione si spenderà almeno un miliardo di euro, di cui circa un terzo sarà finanziato dal Comune. Policella è scettico su queste stime. «È una previsione ottimistica: demolire e ricostruire oltre 30.000 alloggi costerà non meno di 2 miliardi di euro, considerando anche il costo delle opere di riconnessone viaria».
Inoltre «lo smaltimento e la bonifica dei materiali di risulta delle demolizioni comporta la creazione di un numero significativo di nuovi impianti di smaltimento, oggi inesistenti. Forse sarebbe stato più saggio iniziare dalla riqualificazione di aree già esistenti, prima di imbarcarsi in un’operazione del genere», conclude l’architetto. E poi c’è la questione di come verranno alloggiati i residenti dell’attuale Tor Bella Monaca nel periodo necessario per la ricostruzione. La nuova “Roma policentrica” vuole rimettere al centro l’uomo. Occorerebbe farlo da subito, senza aspettare i tempi (certi?) della ricostruzione.
(Lorenzo Biondi)
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