Ho letto con interesse il bell’articolo che Il Sussidiario.net di Roma ha dedicato alla chiesta di Sant’Anastasia alle pendici del Palatino. Giustamente nell’articolo si mette in luce che «la chiesa era il luogo di culto ufficiale della corte imperiale». Il fatto non è scontato né banale, così come non lo è ricordare – come fa l’articolo – che «è opinione diffusa che Anastasia fosse una parente di Costantino» e che «il vescovo di Roma celebrava nella basilica a lei dedicata la messa dell’Aurora nel giorno di Natale».
Gli studi più recenti sulla chiesa sono stati fatti da Andrea Carandini e raccolti nel volume “La casa di Augusto”, che è del 2008. In estrema sintesi diremo che Carandini sostiene, suffragando la tesi con le sue scoperte archeologiche, che la chiesa nasce come luogo sacro della corte imperiale: così come la basilica romana di Santa Croce è voluta dalla madre di Costantino Elena per ricordare la morte e resurrezione di Gesù a Gerusalemme, questa chiesa è voluta dalla sorellastra dell’imperatore Anastasia per ricordare la nascita di Gesù a Betlemme.
Secondo Carandini è questo il motivo per il quale la basilica sorge sopra il Lupercale, cioè l’ambiente sacro alla storia di Roma che ricordava la grotta dove la lupa avrebbe accolto e allattato Romolo e Remo. Tutte le ricerche di Carandini (raccolte anche nel recentissimo “Le case del potere a Roma”) sono tese a dimostrare che Ottaviano Augusto stabilisce la sua dimora su quella parte del Palatino, che comprende le cosiddette capanne di Romolo e il Luperacale, per stabilire un legame diretto e sacrale con le origini di Roma.
Secondo l’archeologo l’intento di Costantino sarebbe stato, con l’edificazione della basilica di Anastasia, il medesimo: innestare il cristianesimo sulla tradizione romana e sovrapporre la nascita stessa di Gesù alla nascita di Roma, identificando quasi cristianesimo e impero. «Che le due grotte delle due epifanie fondatrici, pagana e cristiana, potessero essere collegate nelle menti dei cristiani del IV secolo trova un indizio in san Girolamo», scrive Carandini. I suoi studi riescono a retrodatare la fondazione della basilica in modo tale da rendere «possibile che la chiesa fosse stata terminata per la messa del 25 dicembre 326, primo Natale celebrato a Roma e nel mondo cristiano dal vescovo Silvestro».
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Certo è che la successiva tradizione vuole che a partire dai primi decenni del V secolo nella chiesa di Anastasia venisse poi celebrata la seconda messa di Natale dal Papa: dopo quella celebrata a Santa Maria Maggiore (la chiesa che conserva la reliquia della culla di Betlemme) e prima di quella del mattino a San Pietro, sul colle Vaticano. Il passaggio dal titolo di Anastasia a quello di Sant’Anastasia è successivo di almeno un secolo alla sua fondazione e probabilmente legato al fatto di voler dare sacralità a quel titolo di Anastasia già radicato tra i fedeli. Prova ne sia che Sant’Anastasia è una delle poche sante citate nel canone romano, probabilmente proprio per i “meriti” legati all’edificio sacro.
Resta infine da chiedersi come mai questi studi di Carandini restino ancora quasi ignorati a livello storico e religioso. Una delle motivazioni potrebbe essere che l’archeologia cristiana è ancora tutta modellata sui lavori di quel grandissimo ricercatore che fu Richard Krautheimer, il quale teorizzò la volontà di Costantino di edificare le sue basiliche fuori dalle mura di Roma per rispetto ed evitare lo scontro con il conservatorismo pagano senatorio: «Fu elemento di una politica di rispetto per i sentimenti pagani il fatto che Costantino, come fece a Roma, collocasse le fondazioni sacre sue e della sua famiglia su terreni di proprietà privata, al di là delle mura ed entro il palazzo Sessorio», scrive nel suo “Tre capitali cristiane”. Krautheimer, che colloca l’edificazione di Sant’Anastasia «al periodo tra l’ultimo terzo del IV secolo, e il primo terzo del V», si accorge che nelle basi della chiesa ci sono elementi dell’inizio del IV secolo ma se la cava dicendo che l’edificio è basato su «una chiesa con pianta a T absidata» trasformato in una nuova basilica nella quale «dovettero essere incorporate parti cospicue di quello precedente» (come scrive in “Architettura sacra, paleocristiana e medievale”).
Sant’Anastasia, così depauperata delle sue origini e del suo significato, diviene una chiesa ai margini degli itinerari culturali d’oggi, pur trovandosi nel cuore di Roma antica, alle pendici del Palatino e a fianco del Circo Massimo.
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La facciata della chiesa di Santa Anastasia
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Il colle Palatino, il Lupercale e la lupa che allatta i gemelli
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I resti delle “capanne di Romolo” sul Palatino
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Il complesso della casa di Augusto sul Palatino
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Gli affreschi della Domus Augustea sul Palatino