Incontriamo Claudio Velardi nel suo ufficio di Roma. Una conversazione a tutto tondo sulla politica italiana: dal Pdl al Pd, passando per le primarie, la giunta Alemanno e le Olimpiadi. Alla fine della quale il guru di una buona fetta del centrosinistra (e non solo) ci confessa di un fastidioso prurito all’occhio. «Sono queste le cose importanti della vita. E non sto scherzando. È per dire che le cose importanti siamo noi stessi, non quello di cui abbiamo discusso. E come noi regoliamo la nostra persona, il nostro spirito, nei confronti del mondo. Se tutti i simpatici signori di cui abbiamo parlato avessero un po’ più presente questo principio, si camperebbe meglio. Non è la politica a risolvere i problemi della vita».
Se questa massima non vi fa desistere, di seguito un’interessantissima chiacchierata con Velardi sulle cose superflue della vita. Buona lettura.
Nel Pdl sembra essere passata la linea delle “colombe”: Gianni Letta e Ferrara hanno avuto la meglio su Cicchitto e Ghedini?
È successo tante altre volte. C’è una sorta di pendolo. Ogni volta che Berlusconi si trova in difficoltà fa ricorso alle colombe. Quando l’emergenza passa torna ad essere sé stesso. Non falco, perché non lo è, lui si fida solo del suo gigantesco intuito da imprenditore, che lo fa sempre navigare a vista. L’unica visione strategica che ha è fare la cosa che gli conviene di più.
In questo momento gli conviene di più finire la legislatura o andare ad elezioni?
Al momento il voto non gli conviene. Il voto è molto incerto. Intendiamoci, se si andasse al voto con tre poli Berlusconi vincerebbe le elezioni, perché confermerebbe il premio di maggioranza in tutte le regioni nelle quali ha vinto nel 2008. Il Terzo polo prenderebbe un po’ di qua e di là, ma farebbe perdere qualcosina al Pdl nelle regioni nelle quali è già indietro, e alla fine non gli strapperebbe la maggioranza. Consideriamo poi che una campagna elettorale sotto l’ondata della magistratura, dei casi Ruby eccetera sarebbe comunque un’incognita. E i tempi per votare in primavera stanno venendo meno.
Bersani ha fatto bene a respingere l’apertura alle riforme che è arrivata da Palazzo Chigi? Al segretario spesso viene imputata una mancanza di linea politica, di visione complessiva del Paese.
No. Ha fatto una sciocchezza totale. Non perché l’apertura sia reale, ma perché poteva andare a vedere quello che sembra un bluff. Ha sbagliato sul piano della tattica politica. Il segretario non è un uomo libero. È condizionato da tutte le correnti e le conventicole, fondazioni, gruppi che non si definiscono correnti e via discorrendo. È totalmente prigioniero di questa logica. Se si fa costringere alle primarie da Vendola e Bersani le va a perdere. Per cui si appoggia alla proposta di D’Alema della “Santa Alleanza” che non ha nessuna possibilità di realizzarsi, ma è solo una proposta tattica. Essere prigioniero di gruppi significa che oltre ad essere costretto a piazzare determinate persone, lo sei anche dal punto di vista dei contenuti.
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Cioè?
Se uno fa un gruppetto nel Pd si deve dare una veste. Allora uno dice: “Io sono contro Marchionne”. E l’altro: “A me Marchionne non dispiace”. Lui sta in mezzo e che deve dire? Niente. E così non ha un profilo, non ha un progetto.
Primarie di partito o primarie di coalizione?
Le primarie di coalizione non hanno alcun senso. Sono degne di una commedia di Ionesco. Non sono regolate e normate. Il caso Napoli non scoppia perché sono più fetenti, ma perché sono più scemi che a Bologna o altrove. Sono più ingenui e commettono quelle fesserie che li fanno andare sui giornali, in realtà le modalità sono sempre le stesse, non trasparenti, non legali. Qualcuno sa dove sono le schede delle primarie di Prodi o di Veltroni? Sono da qualche parte? Perché i cinesi che hanno votato a Napoli sono fetenti e i filippini che hanno votato per Veltroni sono buoni? Le primarie sono dunque un imbroglio in sé. Detto questo quelle di coalizione sono un imbroglio nell’imbroglio. Dal pasticcio di Napoli si esce solo se il Pd dice che non presenta il suo simbolo e si candida chi vuole. È stato uno smacco ultimativo per le primarie in generale. Ci ripenseranno prima di rifare le primarie in giro per l’Italia. Bisogna convincere Vendola, ma poi si ribellerà Veltroni, che però aveva detto di volere il segretario automaticamente candidato.
È un controsenso.
Ma è tutto un controsenso. La posizione presa oggi da chiunque, è generalmente opposta a quella assunta un anno fa. Le posizioni si misurano solo sulla base della propria convenienza. E il caso di scuola è Veltroni, che dice tutto e il contrario di tutto solo sulla base della propria convenienza.
A Roma che fare? Sembra esserci un grande consenso sulla figura di Zingaretti.
Sarebbe la cosa più giusta, Zingaretti è il candidato naturale. È forte, apprezzato, stimato, si candidi. Secondo me si andrà senza primarie, perché stanno dando un esito catastrofico dappertutto.
La crisi della giunta Alemanno, che strascico ha avuto sul piano della comunicazione politica?
La crisi della giunta non riguarda solo parentopoli. Quello è stato solo un ulteriore tassello di un mosaico più ampio. Ormai la gente è ormai abbastanza satura degli scandali. All’inizio se ne occupa, poi finisce per non occuparsene più, e non muta la propria opinione. Tutto questo non sposta l’opinione della gente, concepisce queste cose come lontane da loro, non gliene importa nulla. Quando deve fare la sintesi pensa: “Voto Berlusconi o Bersani”? Vota Berlusconi perché di Bersani non si fida.
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E si fida più di Alemanno o Zingaretti?
Secondo me di Zingaretti, perché è bravo e affidabile, mentre Alemanno non ha fatto molto bene. La crisi di giunta è un tassello, non sposta di per sé. La cosa peggiore dal punto di vista dei segnali a una certa parte di pubblica opinione è la cacciata di Croppi, il migliore, il più colto. Era stata una bella mossa di Alemanno. Ora di Croppi non gli auguro di invischiarsi nelle cose di partito.
Olimpiadi 2020. Consensi bipartisan per la candidatura di Roma: potrebbe essere un’occasione di dialogo tra maggioranza e opposizione?
Sì, magari accadrà pure, perché di fronte ad un obiettivo importante per la città e per l’Italia potrebbero mettersi tutti d’accordo, ma il problema non è questo. L’Italia è sempre più debole in tutti i consessi nazionali, siamo tornati ad essere un Paese periferico, contiamo sempre di meno, e dunque le attività di lobbying in Italia in genere si risolvono in fallimenti.
Se la nominassero responsabile comunicazione delle Olimpiadi romane da dove comincerebbe e con quali obiettivi?
Punterei a portare nella classifica europea dei Paesi che attraggono investimenti dal penultimo posto, davanti solo alla Grecia che è un Paese fallito, per lo meno intorno alla decima posizione. Questo di per sé calamiterebbe sulle Olimpiadi un circolo virtuoso di investimenti non solo italiani.
(Pietro Salvatori)