Padre Georg Gaenswein, segretario particolare di papa Benedetto XVI, ha lanciato una sponda al sindaco Alemanno: servirsi di alcuni articoli del Concordato per rilanciare il ruolo di Roma quale beneficiaria di poteri speciali. L’intreccio tra Stato e Chiesa, in Italia, non attiene solamente il lato culturale e sociale, ma anche una complessa architettura di trattati e norme internazionali, che regolano il rapporto tra due Paesi sovrani. «Il Concordato è un vero e proprio trattato internazionale che regola i rapporti tra l’Italia e la Città del Vaticano», spiega Enzo Cannizzaro, professore di diritto internazionale all’università La Sapienza di Roma, «senza dimenticare che nei rapporti fra Stato e Chiesa occorre applicare tutte le altre norme che regolano i rapporti internazionali. Ci sono delle particolarità, perché la Santa Sede è una minuscola enclave contenuta all’interno dello Stato italiano, una popolazione ridottissima. Il dibattito se possa essere o meno considerata come uno Stato è aperto. I Patti lateranensi hanno dunque reale efficacia per la volontà di entrambi di conferirgli valore».



In che senso il ruolo del Vaticano in quanto soggetto internazionale è tema di riflessione e dibattito?

In quanto la Chiesa non ha i caratteri della statualità. Si tratta in sostanza di una finzione giuridica. Gli si consente entro certi limiti di partecipare alla vita della comunità internazionale, di avere relazioni che assomigliano molto a quelle diplomatiche. Ma è chiaro che questo status le deriva dal fatto di avere un certo potere politico.



Si potrebbe obiettare che la Santa Sede ha sia un territorio, per quanto entrambi limitati.

È un’obiezione plausibile. La partecipazione alla vita internazionale non è però finalizzata alla tutela di questo territorio e della popolazione che vi risiede, quanto funzionale alla sua autorità religiosa e morale. E quindi è riconosciuta come persona giuridica perché esprime questo tipo di interessi, e ha uno status sui generis.

La Chiesa viene ospitata dallo Stato italiano all’interno del proprio territorio. Questa realtà conferisce ai rapporti fra i due stati un’ulteriore particolarità?



Dal punto di vista normale no, ma di fatto è così. È quasi ovvio che la Santa Sede dipende per moltissime sue funzioni dallo Stato italiano e non potrebbe sopravvivere altrimenti. In più il Vaticano ha un interesse particolare nei rapporti con l’Italia perché la città di Roma riveste un’importanza per la Santa Sede che va al di là del piccolissimo territorio che vi è incluso.

Il Concordato cos’è dal punto di vista internazionale?

È un trattato come gli altri. Ha una sua peculiarità dal punto di vista costituzionale italiano. Per l’Italia acquista dunque una valenza specifica. Nella Costituzione del 1948 il Concordato aveva uno status sicuramente particolare rispetto a tutti gli altri trattati, per via del rilievo costituzionale. Nel 2001 la riforma della Costituzione ha dato una garanzia a tutti gli obblighi internazionali, nel nuovo articolo 117. Oggi dunque il Concordato ha un trattamento simile a quello di tutti gli altri trattati, non perché valga quanto gli altri, ma perché si è data rilevanza agli altri trattati quasi quanto quella propria del Concordato. Quest’ultimo, tuttavia, mantiene un suo fondamento specifico, conferitogli dall’articolo 7. Dunque non rientra nell’ambito della disciplina dell’articolo 117 che riguarda tutti gli altri trattati internazionali.

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E dunque che significa l’articolo 2, laddove si specifica che la repubblica italiana riconosce il significato particolare che Roma, sede vescovile del sommo pontefice, ha per la cristianità?

Da un punto di vista internazionale non è una cosa nuova o sconvolgente. È possibile che due o più stati si accordino per dare ad una città o ad una porzione di territorio uno status particolare. Un esempio potrebbe essere Gerusalemme. Molti dicono che dovrebbe essere la capitale di due stati, quello di Israele e un ipotetico palestinese, oltre che a possedere uno status internazionale. Andando indietro nel tempo si potrebbe citare il caso di Danzica, che fu casus belli della Seconda guerra mondiale. Attualmente una cosa di questo tipo esiste in zone come il canale di Panama.

Lo Stato italiano riconosce dunque un qualche diritto di intervento su Roma da parte del Vaticano?

L’articolo 2 non definisce un vero e proprio status internazionale, ma la possibilità che la Santa Sede abbia un interesse generico. Non c’è un contenuto preciso, non si specifica un significato particolare. Se volesse essere applicato, sono le parti che lo devono dotare di un contenuto preciso. Non sono previsti vincoli di sorta.

La normativa su Roma Capitale potrebbe consentire al Campidoglio una certa autonomia nei rapporti con la Santa Sede?

Uno Stato risponde del comportamento di qualsiasi organo o ente territoriale al suo interno. Questo vuol dire che nulla vieta un trasferimento di poteri, ma lo Stato rimane l’unico responsabile degli atti compiuti.

 

(Pietro Salvatori)