In occasione della doppia ricorrenza (150 anni, 1860, dalla nascita e 100 dalla morte, 1911, di Gustav Mahler) è in corso a Roma da alcuni mesi un evento davvero eccezionale: due orchestre sinfoniche, una antica e celeberrima, l’Orchestra Sinfonica dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, e una nata una diecina di anni fa, l’Orchestra Sinfonica di Roma della Fondazione Roma, si confrontano eseguendo l’integrale delle sinfonie di Malher nell’arco di poco più di un anno.



Sono due complessi differenti non solo per anzianità anagrafica (oltre tutto l’Orchestra Sinfonica di Roma ha musicisti mediamente sui 33 anni), ma anche per dotazione finanziaria: il budget dell’Accademia di Santa Cecilia (che accanto alla sinfonica ha una programma di cameristica, una scuola d’opera, una videoteca e un museo di strumenti musicali) è circa dieci volte quello dell’Orchestra Sinfonica di Roma, uno dei rarissimi complessi musicali che non riceve alcun sussidio pubblico ed è finanziato unicamente da una fondazione culturale-sociale e da un’associazione di abbonati.



Anche i prezzi sono differenti: quelli della Orchestra Sinfonica Romana sono meno della metà di quelli dell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Quindi, il pubblico della Sinfonica Roma è spesso composto di giovani e pensionati. Una curiosità: la Sinfonica Romana suona nell’Auditorium di Via della Conciliazione dove sino a un paio di lustri fa (ossia prima della creazione del Parco della Musica) suonava la Sinfonica dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia.

Veniamo, al cartellone, offerto per la doppia ricorrenza, dall’Accademia di Santa Cecilia e dall’Orchestra Sinfonica di Roma: i due programmi dettagliati possono essere  letti  sui siti www.santacecilia.it e www.orchestrasinfonicadiroma.it, oltre che su pubblicazioni delle due organizzazioni.



In primo luogo, mentre nel 1997-2005, l’intrapresa, allora solo del complesso dell’Accademia di Santa Cecilia (che eseguì l’integrale di Mahler) richiese 8 anni e una dozzina di direttori d’orchestra (ma diverse sinfonie e lieder vennero eseguite, con bacchette e voci differenti, anche più volte), ora i programmi sono più compatti.

Quello dell’Orchestra Sinfonica di Roma è contenuto in 12 mesi spalmati su due stagioni (in cui, in parallelo, si presentano le integrali delle sinfonie di Schumann e di Brahms). Quello dell’Accademia di Santa Cecilia si estende su tre stagioni, ma in pratica su poco più di un anno e mezzo in quanto spazia dall’ultima parte della stagione 2009-2010 all’inizio di quella 2011-2012. L’ascoltatore ha, quindi, la possibilità di meglio afferrare il significato dell’opera di Mahler (anche se, per motivi organizzativi, nessuna delle due istituzioni la offre in ordine cronologico).

La compattezza deriva anche dai maestri concertatori: si possono contare quasi sulle dita di una mano. Nella Sala Santa Cecilia, cinque sinfonie sono affidate a Antonio Pappano, due a Valery Gergiev e la altre a Mikko  Franck e Andris  Nelsons – tutti direttori di grande fama internazionale. All’Auditorium di Via della Conciliazione, sede dell’Orchestra Sinfonica di Roma, Francesco La Vecchia si prende carico dell’intero ciclo. Nel corso dell’anno, Francesco La Vecchia offre anche l’integrale di Mahler a Budapest e a Seul.

Siamo quasi a metà del percorso: da ora è chiaro che le due “integrali” sono marcatamente  differenti, non solamente perché Santa Cecilia ha cento anni e dispone di molti più mezzi della Sinfonica Romana e la prima è avvezza a Mahler molto più della seconda, ma soprattutto  in quanto – come si è avvertito sin dall’esecuzione della seconda sinfonia in maggio e della prima a metà marzo – Pappano proviene dal teatro d’opera e, quindi, enfatizza i colori più spiccatamente drammatici della partitura, accentuando il ruolo dei  solisti vocali e il coro; al grande tema della morte e della “resurrezione panteistica” (argomento della sinfonia) si avvertiva quasi la presenza di un apparato scenico.

Valery Gergiev, dal canto suo, ama i chiaro-scuri e pone l’accento su una tinta orchestrale forte (come si è notato nell’esecuzione della quinta in cui si prende l’avvio dal profondo dolore della marcia funebre per giungere all’estasi eroica del rondò). Francesco La Vecchia,  invece, segue il dettame dello stesso Mahler: eseguire puntualmente quanto composto dall’autore senza abbellimenti personali e, sin dalla lettura della prima sinfonia, Il Titano, dà, rilievo al sinfonismo continuo mahleriano, approfondendo nella nona (eseguita all’inizio di marzo) la preparazione alla morte.

Un ultima notazione: l’estremo “Canto della terra”, che verrà eseguito dalla Sinfonica di Roma, il 18 maggio (giorno, lo ricordiamo ancora, della morte di Mahler). Il compositore sapeva di essere malato quando si accinse a comporlo sulla base di una raccolta di liriche cinese. La morte è vista come liberazione, è il tema fondante delle sei parti specialmente dell’ultimo, straziante, lied “L’addio”. Una visione “zen” più che cattolica o ebrea della fine dell’avventura umana. E un messaggio lanciato all’Europa di cento anni dopo – quella di oggi.

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