I numeri spesso sono impietosi e non sempre riescono a spiegare la complessità delle situazioni di cui si occupano. Ma ce ne sono alcuni di fronte ai quali chiudere gli occhi sarebbe un grave errore. Come quelli sui costi della politica, che sono considerati sempre più denari mal spesi e privilegi – come si dice – di una casta.  Per questo fanno davvero un certo effetto i dati del report, elaborato dalla Uil di Roma e del Lazio, sui costi per il funzionamento di giunte e consigli delle istituzioni locali della nostra regione. Si scopre così che le spese per il Campidoglio – tra giunta, consiglio, incarichi e consulenze – ammontano a oltre 82 milioni di euro annui.  Per cui un cittadino romano paga ogni mese circa 126 euro in più di un milanese solo per far fronte a queste spese. Non va meglio per i costi della Provincia di Roma, che toccano i 43,5 milioni di euro, quasi l’ottanta per cento della spesa di tutte le province del Lazio.



Ma quelli che più sorprendono sono i costi della Regione Lazio. Per il funzionamento di giunta e consiglio nel 2010 sono stati spesi 128 milioni di euro, contro i 78 milioni della Lombardia e i 38 dell’Emilia Romagna. Il Consiglio regionale ha il doppio delle commissioni rispetto alla media nazionale: venti, rispetto a una media italiana di dieci, per un costo complessivo di 25 milioni di euro annui (cinque milioni solo per le ultime quattro nate). E poi c’è il problema dei mono-gruppi: gente che viene eletta in una lista e poi fa un gruppo autonomo, in modo da godere dei benefici previsti: sette addetti di staff, cellulare pagato, auto blu eccetera.



I settanta consiglieri regionali guadagnano 10.000 euro netti al mese tra varie indennità, a cui si aggiungono 900 euro per i presidenti di commissione e 600 per i vicepresidenti. E non basta. “Attenendoci all’ultimo bilancio – spiega uno dei realizzatori dello studio, il segretario regionale Uil Pierpaolo Bombardieri – abbiamo verificato che le spese di rappresentanza sono passate da 1.500.000 euro a 1.841.000 euro annui, 23 volte quello che tre anni fa aveva a disposizione il presidente tedesco Kohler”. Quanto alla giunta, “i 13 assessori esterni – prosegue Bombardieri – costano 17.000 euro lordi al mese, per un totale annuo di 2.652.000 euro. Mentre il vitalizio per gli ex consiglieri, disponibile sin dai 55 anni, pesa sulle tasche dei cittadini per 18 milioni di euro”.



Critiche semplicistiche – si potrebbe dire – che non fanno altro che alimentare la sfiducia verso le istituzioni. Anche perché andrebbe pure attestato – dice la ricerca – che l’unico segnale per ridurre i costi è venuto dal Campidoglio, che ha eliminato dal parco macchine le auto blu di grossa cilindrata e le ha sostituite con Fiat Punto. Eppure non si può non riflettere: abbassare i costi della politica potrebbe aiutare almeno a migliorare i servizi per i cittadini.

Ma è un male diffuso. L’Italia – spiega il segretario generale Uil, Luigi Angeletti – “spende più di ogni altro Paese al mondo in proporzione alla popolazione. Basti pensare che i costi per far funzionare la macchina politica sono aumentati del 40 per cento in dieci anni”.  E’ insomma un sistema politico ridondante, ci sono troppi livelli decisionali che determinano non solo una moltiplicazione dei costi, ma anche la paralisi decisionale, che ha conseguenze serie anche economiche. Cinque livelli decisionali “costituiscono – dice Angeletti – un sistema criminogeno che induce alla corruzione. Abbiamo un numero di leggi tre volte superiore a quello della

Germania. A causa di tutto questo, ogni anno si bruciano potenzialmente centomila posti di lavoro”.

Secondo le stime della Uil sono oltre 1,3 milioni le persone che vivono direttamente, o indirettamente, di politica e ogni anno i costi complessivi della politica ammontano a circa 18,3 miliardi di euro, a cui si possono aggiungere i costi derivanti da un sovrabbondante sistema istituzionale pari a circa 6,4 miliardi di euro, arrivando così alla cifra di 24,7 miliardi.

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