Le cifre, probabilmente, non sono nuove. Ma fanno impallidire lo stesso. A Roma si buttano duecento quintali di pane ogni giorno. Poco più che a Milano, dove ogni sera ne finiscono nei cassonetti circa 180 quintali. Confezioni rimaste invendute sugli scaffali di negozi e supermercati e che è proibito, per legge, rivendere il giorno dopo, magari a prezzi scontati. Uno spreco impressionante: ipotizzando livelli simili nel resto del Paese, sarebbero oltre 24.000 le tonnellate di pane che ogni mese vengono gettati nella spazzatura.



È vero: il nostro sistema di produzione, distribuzione e consumo rende inevitabile lo spreco di molti prodotti deperibili. Perciò è inutile ogni falso moralismo. Ma l’imbarazzo resta. Tanto che i panificatori romani non ci stanno e lanciano una proposta: «È scandaloso che in un momento economico così delicato – denuncia il presidente dell’Unione panificatori di Roma, Giancarlo Giambarresi – il pane, il re della tavola, finisca nell’immondizia. Va trovato il modo di ridistribuire questo prezioso bene ai meno fortunati. Noi vogliamo offrirlo gratis».



Impresa meritoria, ma non semplice. Finora sono state soprattutto organizzazioni come il Banco Alimentare a raccogliere  il cibo invenduto da mense aziendali, ristoranti, ospedali, refettori scolastici, hotel e a donarlo ai numerosi enti caritativi che si occupano di offrire pasti ai poveri. Il progetto, chiamato Siticibo e attivo – oltre che a Roma – anche a Milano, Torino, Firenze, Como, Modena, Bolzano, Varese, Pavia, permette di raccogliere cibo cucinato, ma non servito, alimenti freschi come frutta e verdura, pane e dolci che nel giro di poche ore vengono consegnati e consumati presso gli enti riceventi. Il servizio viene effettuato attraverso una rete logistica di furgoni attrezzati, che trasferiscono le eccedenze alimentari laddove il bisogno è più urgente. Un lavoro professionale, puntuale e soprattutto di assoluta sicurezza: le procedure di cui l’organizzazione si è dotata garantiscono infatti l’igiene degli alimenti ritirati, l’integrità e l’appetibilità. Uno sforzo sostenuto peraltro dall’impegno di tanti volontari, che hanno saputo conquistarsi la fiducia e la simpatia di tutti.



Ora la proposta dell’Unione panificatori apre nuove sfide per eliminare gli sprechi. E fa nascere altre proposte. Perché andare a raccogliere ogni sera quel che resta di invenduto ai panettieri comporta uno sforzo e un costo considerevoli. Così – è stata l’idea del direttore della Caritas di Roma, mons. Enrico Feroci – “invece di far muovere le merci, facciamo muovere le persone. Si potrebbe – ha spiegato – distribuire una “bread card”, una carta del pane, alle persone disagiate, in modo che possano andare di persona a recuperare i prodotti nei forni, nelle pizzerie, nei supermercati e nelle mense del loro territorio, in un orario prefissato a fine giornata”.

Possibile? Mons. Feroci fa professione di ottimismo: “Attraverso la card si creerebbe una rete di solidarietà allargata all’intera città. Così possiamo andare incontro a migliaia di persone e anche ai tanti immigrati che proprio in questi giorni bussano alle nostre porte”. E anche il sindaco di Roma Gianni Alemanno si dice fiducioso e disponibile: “La bread card potrebbe essere un ulteriore strumento per rendere la solidarietà più concreta. Basta organizzarsi, bisogna fare incontrare domanda e offerta, per aiutare molta gente: le famiglie in difficoltà e quella fascia della nostra società sempre più ai margini a causa della crisi economica”.

Saranno i prossimi giorni a dire quanto effettivamente si potrà fare. Quel che è certo è che, più che sorprendersi per gli sprechi alimentari, spesso dovrebbe destare meraviglia lo scarso sostegno che si dà a chi già opera per recuperare il cibo invenduto e nel dar forza a chi già offre una risposta concreta e affidabile a questo problema.

Leggi anche

ISIS IN ITALIA/ Smantellata cellula terroristica: tre arrestiBULLISMO/ E' un problema di educazione, fondamentale il ruolo delle famiglieCAOS NEVE/ Cara Trenitalia, non saremo come la Svezia, ma abbiamo qualcosa da imparare