Il cognome è da antico quirita, lo stesso di quel grande latinista che si firmava Ceccarius sul quotidiano Il Tempo di qualche decennio fa. La vera professione è di difficile definizione, comunque imprenditore. Roberto Ceccarelli, 45 anni, è stato ucciso venerdì scorso, alla sera, vicino ad alcuni famosi locali di Prati. Ha confessato il delitto, costituendosi, un settantenne di professione prestanome (attività illegale) che ha spiegato al Pm titolare dell’indagine: “Non voleva pagarmi, l’ho ucciso”. Le indagini hanno risolto il giallo abbastanza celermente nell’arco delle prime 48 ore, come nei libri di Maigret. Decisiva la collaborazione del figlio della vittima e importante la ricostruzione degli appuntamenti realizzata attraverso i tabulati telefonici. I due avevano un appuntamento vicino a Piazza Mazzini, davanti ad un locale di via Oslavia, ma poi la discussione è degenerata e il prestanome ha tirato fuori una calibro 22 (detta la pistola degli amanti, perché da borsetta) e gli ha sparato, inseguendolo fino in via Col di Lana. Il cadavere è stato ritrovato di fronte al delle Vittorie, la Polizia ha fatto accendere le luci esterne del Teatro per il sopralluogo sulla scena del crimine. L’omicida ha detto di aver gettato la pistola nel Tevere. L’inchiesta però non è conclusa, anche perché le attività della vittima son tutt’altro che limpide e si sta verificando se ci sia una qualche connessione con il caso del cosiddetto Madoff dei Parioli, Gianfranco Lande, in carcere per una maxi truffa finanziaria ai danni di molti vip. Si sa già che Ceccarelli gestiva una serie di società (da cui la necessità di avere prestanome) e che probabilmente truffa e usura rientravano nelle sue finalità. Forse era fra i clienti di Lande.
Fin da tempi d’oro della banda della Magliana, l’attività di usura e di riciclaggio del denaro sporco è molto diffusa nella malavita romana. Nelle carte del caso Calvi si racconta che Ernesto Diotallevi avesse un negozietto in zona piazza Navona dove era esposto in vetrina un cartello: Qui si vendono soldi. D’altra parte in gergo i debiti sono i buffi, e gli usurai strozzini, nomi coloriti per una realtà sempre attuale. A Roma molti vivono sopra i loro mezzi e alla fine i conti non tornano. Lo “strozzo” è molto diffuso. Certo, impressiona che un regolamento della malavita sia ambientato nel quartiere Prati, perché di questo si tratta, come la truffa dell’anno sia legata ai Parioli. Ma si sa, la ricchezza attira l’illecito e viceversa. Ogni mondo di potere rischia prima o poi di entrare in contatto con il potere dell’illegalità.