L’Esquilino vive di realtà diverse. Etnie, culture e stili di vita differenti convivono in un rione spesso sottovalutato, ma ricco di risorse. Qui, ogni giorno, molte persone provano a rendere il proprio quartiere un luogo migliore. IlSussidiario.net ha intervistato don Sergio Ghio, dal 2003 parroco di Santa Maria in Domenica, detta la Navicella e da nove anni è anche responsabile de “Il Centro”, scritto così senza aggettivi, luogo di ritrovo per studenti di tutte le età, in via delle Sette Sale 30, a Colle Oppio: “L’Esquilino – spiega don Ghio – è un quartiere che in 25 anni è completamente cambiato. Era un quartiere popolare e in seguito è stata adottata l’idea di renderlo un quartiere multietnico. Ora quello che manca in maniera totale è un minimo di tessuto sociale condiviso dalle persone che abitano il rione, mancano luoghi di aggregazione comune tra le persone che vivono in questo territorio”.
Il quartiere Esquilino si trova vicino all’affollatissima stazione Termini, caratteristica che secondo don Ghio ha un’importanza notevole: “Essendo così centrale è facilmente raggiungibile da chiunque ed è vissuto ogni giorno da tantissime persone che transitano all’interno del quartiere senza però abitarci. Le stesse scuole superiori si rivolgono a un bacino di utenza vastissimo. Io ho insegnato all’Istituto Albertelli (Liceo Ginnasio Statale situato a fianco della Basilica di Santa Maria Maggiore), in cui moltissimi ragazzi non abitavano nel rione, ma addirittura ai Castelli Romani. Quindi centinaia di giovani che vivono di fatto alcune ore al giorno in questo quartiere non vi abitano. In questo contesto si inserisce l’esperienza del centro giovanile”.
Don Ghio, infatti, è responsabile de “Il Centro”, che lui definisce “l’unico punto rivolto ai giovani e pensato per i giovani in cui loro possono ritrovarsi. È aperto tutti i pomeriggi per i ragazzi delle scuole superiori e per quelli delle medie, per studiare insieme, ma anche per poter fare molte altre attività. Attività rivolte ad aiutarli a usare in modo più intelligente il loro tempo libero, la possibilità perciò di trascorrere un sabato sera che non sia per forza all’insegna dello “sballo”.
“Per i giovani – continua don Ghio – non esiste praticamente niente nel quartiere: le altre parrocchie del centro non hanno spazi fissi dove fare un oratorio e le scuole difficilmente aprono le porte per incontri di questo tipo, e se lo fanno sono iniziative molto sporadiche. Inoltre, è evidente che manca un tessuto di adulti che sia in grado di proporre qualcosa di significativo, che vada incontro ai giovani, li accompagni, nello studio e nelle altre attività.”
Oltre ai giovani, l’Esquilino ospita una vasta comunità di anziani che, secondo il parroco, è spesso abbandonata e con pochissime risorse alle spalle: “In qualche parrocchia c’è qualche servizio attivo per gli anziani, ma è assolutamente sproporzionato rispetto al bisogno che in realtà esiste. La popolazione anziana si sente isolata, ma questo è legato all’assenza di un tessuto sociale che accompagni queste persone e che le possa assistere”.
Durante il mese di giugno, poi, “Il Centro” organizza una grande festa, per conoscere e farsi conoscere: “La organizziamo da 8 anni. E’ la grande occasione che abbiamo per farci conoscere in modo esteso; le scuole sono finite e la festa dura per ben tre giorni consecutivi, dal venerdì alla domenica. Ci sono incontri pomeridiani, si cena e si affrontano tematiche di ogni tipo, come il lavoro, il futuro. Poi i ragazzi organizzano la serata di sabato, mentre domenica si va a messa e si conclude l’evento di sera, con la grande festa di chiusura: rappresenta il momento in cui si chiude l’anno sociale e comincia il periodo estivo”.
Un microcosmo. E’ così che don Ghio definisce il quartiere: un microcosmo in cui riescono a concentrarsi numerose risorse ma anche tanti disagi: “E’ come se l’Esquilino fosse, in un territorio estremamente concentrato, il disegno di tutte le contraddizioni romane: qui c’è il problema del confronto con altre culture, dei senza fissa dimora, dei giovani, degli anziani”. Contraddizioni che spingono spesso i residenti verso pacifiche proteste, come l’iniziativa, già adottata da molti cittadini, di esporre drappi neri dalle finestre delle abitazioni per segnalare le strade più a rischio, più sporche o pericolose.
“Quello che manca all’Esquilino – conclude don Ghio – è proprio il moltiplicarsi di proposte di questo tipo, rivolte a tutte le persone che vogliono coinvolgere e coinvolgersi in modo continuativo. All’Esquilino ci sono innumerevoli risorse: innanzitutto bisognerebbe censirle, quindi sapere quante e quali sono, e poi valorizzarle, farle conoscere e finanziarle, creando dei luoghi in cui una serie di rapporti hanno modo di esprimersi, in un lavoro quotidiano e continuo”.
(Claudio Perlini)