ROMA – TEATRO DELL’OPERA – IL RATTO DAL SERRAGLIO – Torna, dopo quarant’anni, a Roma Il ratto dal serraglio (titolo originale dell’opera: Die Entfuehrung aus dem Serail) del grande Wolfgang Amadeus Mozart. E torna al Teatro dell’Opera per l’allestimento di uno dei registi d’opera più famosi del mondo, l’inglese Graham Vick, che dà alla messinscena un carattere modernissimo, quasi low cost, se ci passate il termine, pur non censurando nulla della grazia e dell’intelligenza del genio Amadeus.
Vick parte dall’idea simbolica del serraglio come cubo (riecheggiando una scena del Casanova di Fellini) e costruisce attorno ad esso due primi atti di grande fascino, facilitati per il pubblico dai sovratitoli in italiano.
Nell’atto finale la scena è scarna eppure risulta efficace. Il ratto è uno Singspiel, una commedia leggera, in tedesco e in versi, così come andava in voga quando Mozart la compose a ventisei anni a Vienna.
E Vick rispetta il carattere di commedia, pur andando per sommi capi laddove la rappresentazione tradizionale era piena di trabocchetti, inseguimenti, animali sul palco…
Allo stesso tempo, Il ratto di Vick risulta più stilizzato, contemporaneo e forse anche più comprensibile (almeno così ci è sembrato alla prova generale per la stampa) per gli spettatori.
La storia è sempre incalzante: il nobile spagnolo Belmonte giunge in Turchia al serraglio del Sultano, dov’è tenuta prigioniera la sua bella, Constanze, rapita dai corsari e venduta all’harem del Sultano.
Il capo dei servi è cattivissimo, mentre un servo infedele è buono e amante della Blonde, che aiuta Constanze. Alla fine la doppia coppia cercherà di scappare…
I temi mozartiani cari al grandissimo teatro d’opera, poi realizzato con Da Ponte, già emergono: l’amore contrastato, la violenza sessuale o quantomeno il sopruso prepotente, la coppia di nobili e la coppia di servi, le dinamiche del potere, alla fine giusto perché magnanimo. Come per le Nozze di Figaro, il finale della frenetica commedia brillante è all’insegna del perdono.
Nota biografica: Mozart scrive questa opera a 26 anni. La prima va in scena pochi giorni dopo il suo matrimonio con Constanze Weber, e la prima aria (cantata dal tenore Belmonte) è una perfetta aria d’amore tutta dedicata a una Constanze. Mica male come regalo di nozze. I temi turchi e orientali avevano già colpito Amadeus a Parigi quattro anni prima, quando compose la sonata di pianoforte Marcia Turca.
Cantanti solisti, coro e direttore d’orchestra, Gabriele Ferro, davvero bravi. La prima è questa sera: merita la spesa.