«Se si chiude la discarica di Malagrotta senza valide alternative Roma potrebbe avere una crisi rifiuti anche più grave di quella di Napoli». Mario Perugini, presidente del consiglio di amministrazione di Remaplast Srl, società attiva nel recupero e nel riciclaggio dei rifiuti da raccolta differenziata, ne è convinto. La chiusura ormai vicina della discarica romana potrebbe creare notevoli disagi se non verranno ideate soluzioni per poter accogliere la montagna di rifiuti che la capitale produce ogni giorno:«Napoli ha una produzione di circa 1.200 tonnellate di rifiuti giornalieri mentre Roma ne ha almeno il doppio, se non il triplo. La chiusura di Malagrotta senza un percorso alternativo che porti alla riduzione dell’utilizzo delle discariche renderebbe Roma come Napoli nel giro di una settimana».
Cosa si può fare per evitare una “nuova Campania”?
«Non si può continuare a nascondere tutto sottoterra. È sicuramente necessario ridurre il quantitativo del materiale destinato alla discarica, recuperando tutto ciò che può essere recuperato. La discarica non può essere collocata chiaramente a due passi da casa o nelle riserve naturali, però bisogna rendersi conto che non si può farne a meno. Rischiamo di arrivare alla grave situazione in cui si è trovata Napoli».
Cosa pensa del metodo sperimentale per la raccolta dei rifiuti a Roma?
«L’esperimento che sta effettuando l’Ama è molto buono. Guardando altri casi in Italia, è chiaro che l’unico modo per aumentare in modo considerevole la raccolta differenziata è quello di eliminare il cassonetto dell’indifferenziato. Numerose statistiche lo dimostrano: finché non verrà effettuato questo passaggio faticoso, difficile ma importante, non si riuscirà ad arrivare a percentuali di raccolta di differenziata significative, quindi a superare il 30%, obiettivo che va assolutamente raggiunto».
Ma qual è lo stato dell’arte a Roma?
«L’anno scorso sono state raccolte 71mila tonnellate di rifiuti e si sta puntando a un incremento importante. Il fattore che a mio avviso adesso andrebbe migliorato è la qualità della raccolta differenziata: aumentare la quantità non deve significare diminuire la qualità. Il cittadino dovrebbe essere più aiutato e seguito in queste nuove tipologie di raccolta differenziata, altrimenti si rischia di esasperare gli abitanti e portarli a non compiere a pieno il loro dovere civico, come mettere i rifiuti negli appositi cassonetti. La sperimentazione è ottima, però va fatto il passo successivo per migliorare la qualità».
Quale potrebbe essere la soluzione?
«Roma è un territorio enorme ed è difficile dire quale sia il migliore sistema di raccolta. Sicuramente bisognerebbe studiare soluzioni diverse a seconda delle circoscrizioni. Per esempio, il centro storico della capitale non ha le stesse esigenze delle zone periferica.
Su questo argomento la nostra azienda si è resa molto disponibile. Attraverso analisi qualitative del prodotto in entrata che può fornire la Remaplast, l’Ama può rendersi conto per esempio di quanti rifiuti organici vengono gettati nel cassonetto del multi materiale, cosa covviamente vietata. In questo modo però si possono capire quali sono le difficoltà dei singolo municipi».
In cosa consiste il vostro lavoro?
«Quello che a Roma viene indicato come raccolta differenziata arriva nel nostro impianto a Pomezia viene suddiviso in varie tipologie per poter essere riciclato. I camion portano vetro, plastica e metalli e l’impianto li separa. Il vetro e il metallo vengono reindirizzati verso altri consorzi, anche se abbiamo da poco implementato una nuova parte di impianto per poter lavorare anche questi materiali. Tra circa un mese saremo in grado di ricevere grandi quantità di materiale proveniente dal cassonetto blu».
Come avviene la selezione dei materiali?
«Il camion arriva e scarica a terra il materiale che riceve subito un primo controllo visivo. Viene poi inserito nell’impianto che attraverso un selezionatore balistico indirizza i vari materiali su percorsi differenti, mentre dei magneti trattengono metallo e alluminio. Successivamente alcuni lettori ottici riescono a riconoscere il polimero delle bottiglie, dividendole in base al tipo e al colore. Alla fine del percorso il nostro personale, all’interno di una cabina insonorizzata, verifica che la macchina non abbia commesso errori, controllando il prodotto che scorre su un nastro: tutto ciò che non è conforme alle specifiche per quel tipo di materiale viene scartato.
Dopo un’omogenea pressatura, il prodotto finale consiste in blocchi di plastica formati da bottiglie verdi, trasparenti e colorate. Da un altro lato esce invece il vetro già ripulito dalle impurità pronto per essere mandato al riciclo».
Ma quali sono le difficoltà nel fare impresa nella capitale?
«Non ci sono investimenti finanziari o almeno non ne abbiamo trovati. Nel 2007 abbiamo cominciato quasi da zero facendo un investimento sull’impianto da tre milioni di euro. Oggi è ancora più difficile perché le banche non finanziano più progetti, ma solo cose di cui si ha rendita sicura. Purtroppo anche l’Ama, con cui prevalentemente lavoriamo, ritarda spesso i pagamenti, che generalmente si realizzano dopo un anno».
E come avete affrontato la crisi economica?
«Questa attività è nata con il supporto di un gruppo, Team Service, che ci ha fornito le garanzie finanziarie per poter ottenere finanziamenti dagli istituti bancari. La crisi economica non ci ha fortunatamente impedito di lavorare però ci ha limitato lo sviluppo. Un’industria ha bisogno di rinnovarsi continuamente e di implementare continuamente nuove attività per poter essere competitiva sul mercato. Questo richiede investimenti che in momento di crisi economica vanno centellinati. Fortunatamente siamo riusciti a non effettuare tagli di personale, al massimo solo qualche ritardo nelle tredicesime, sempre salvaguardando però il posto di lavoro dei nostri dipendenti».
(Claudio Perlini)