Con la chiusura ormai annunciata della discarica di Malagrotta, l’amministrazione comunale di Roma sta vagliando varie ipotesi per cercare delle alternative all'”ottavo colle di Roma”. Nei giorni scorsi è stato fatto il nome di una piccola località a due passi dall’attuale discarica, Testa Di Cane, ma il sindaco, Gianni Alemanno, si è opposto affermando che quella zona ha già dato tutto ciò che poteva dare in termini di rifiuti.
La paura di molti cittadini è che, dopo la chiusura di Malagrotta, si possa arrivare a uno stato di emergenza simile, o addirittura peggiore, di quello che ha portato Napoli alla ribalta delle cronache. «Onestamente – dice Ermete Realacci a IlSussidiario.net – penso che in Campania le condizioni siano diverse, la presenza della malavita organizzata e una cattiva gestione della raccolta hanno fatto precipitare negli anni la situazione. Certo, Roma potrebbe arrivare anche a quegli estremi».



Qual è il suo giudizio su ciò che sta accadendo a Malagrotta?

«Roma arriva all’appuntamento della chiusura di Malagrotta con una grande ritardo, ma questo fatto, occorre dirlo, riguarda tutte le amministrazioni che si sono succedute alla guida del Comune e dellla Regione. Malagrotta è stata un’esperienza in parte  positiva e in parte negativa per la Capitale. Da una parte ha salvato la città dall’emergenza rifiuti perché, mentre altre città italiane avevano ricorrenti problemi di smaltimento, Roma possedeva una grande discarica il cui costo di smaltimento era piuttosto basso».



Dall’altro?

«Questa situazione ha generato una sorta di “impigrimento” della politica dei rifiuti a Roma. Per decenni organizzare la raccolta differenziata non ha avuto convenienza economica a fronte del prezzo contenuto dello smaltimento dei rifiuti.
Le faccio un esempio: i materiali più poveri come la carta in alcuni periodi dell’anno vengono pagati zero lire. Di conseguenza, cullandosi sugli allori, ci si è concessi il lusso di trascurare la differenziata».


Ma cosa pensa della nuova sperimentazione in corso nella Capitale?

«A Roma tutto il ciclo della raccolta è in enorme ritardo. Si cercano di attuare nuovi metodi, ma siamo ancora distanti da un livello accettabile. Più che seguire le sperimentazioni bisogna capire quali sono i risultati. Si arriva a questa scelta non avendo un ciclo dei rifiuti completo, con una raccolta differenziata molto bassa e non avendo impianti avanzati di trattamento finale dei rifiuti. Dovremo quindi andare a cercare soprattutto in questa fase un’altra discarica delle dimensioni necessarie per un’area metropolitana come quella di Roma».



Che ne pensa dell’ipotesi di fare una raccolta diversa in ogni circoscrizione in base alle diverse esigenze?

«Penso che l’ipotesi migliore sia quella di avere un unico sistema di raccolta, anche per comunicare nel giusto modo ai cittadini le intenzioni delle amministrazioni. Le raccolte differenziate sono in tutta Italia anche uno straordinario indicatore di un buon rapporto tra città, amministrazione e cittadini, i quali devono fare la loro parte e fidarsi dell’amministrazione, che dal canto suo deve indicare le giuste modalità di comportamento. Se questo meccanismo non si innesca è difficile fare delle buone raccolte differenziate. Non escludo che si possano fare delle sperimentazioni, ma la pratica comune in questo momento è costituita da una grande sciatteria nel gestire la raccolta differenziata».

E nel resto d’Italia, com’è la situazione?

«Abbiamo ovviamente situazioni migliori e situazioni peggiori. Malagrotta ha salvato Roma dai problemi che hanno avuto tante città del sud, ma bisogna ricordare che anche Milano, in passato, ha sofferto gli stessi problemi. Seppe reagire ma per settimane rimase con i rifiuti per strada.
Un modello interessante e un caso di successo è certamente quello di Brescia, dove sono presenti sia un buon livello di raccolta differenziata che un termovalorizzatore efficiente. Un esempio assolutamente negativo è dato invece dalla Sicilia, la regione peggiore da questo punto di vista (la differenziata arriva appena all’8%)».

Perché all’estero invece non si verificano queste situazioni?

«Nelle capitali straniere non succede perché hanno un ciclo di rifiuti ben organizzato. Non cercano solo un “buco” che risolva i problemi, ma costruiscono un ciclo di rifiuti attraverso la riduzione dei rifiuti inutili, le differenziate avanzate e il recupero di materiali.
Da tempo noi dovremmo mandare in discarica solo rifiuti trattati secondo le norme dell’Unione europea. Questo però non avviene in molte parti d’Italia. È ora di recuperare terreno, speriamo che questa sia l’occasione giusta».

(Claudio Perlini)

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