L’attenzione, manco a dirlo, è tutta puntata su Latina. Non solo perché è qui, nell’ex feudo andreottiano della diccì, diventato ora fortino della destra, che si sono volute costruire in laboratorio alchimie politiche che – se premiate dagli elettori – potrebbero aprire la strada a nuovi scenari politici e a nuove alleanze tra i partiti. Non solo perché è qui, nella vecchia e nostalgica Littoria, che ha preso vita il progetto “Fasciocomunista” di Antonio Pennacchi, insieme al partito di Futuro e Libertà. Un’intesa che prevede il sostegno di Fli al candidato del Pd all’eventuale ballottaggio. Non solo perché è qui, nella capitale della bonifica dell’Agro Pontino, dove Mussolini offrì la terra strappata alle paludi ai contadini veneti e friulani, che si sono catapultati ministri e leader nazionali e locali, in uno sforzo organizzativo dei partiti che dimostra come il voto degli indecisi sia più che mai fondamentale per la conquista della città. Ma anche perché è qui, a Latina, l’unico capoluogo laziale chiamato alle urne, che le due coalizioni hanno sguinzagliato sette liste ciascuna (le liste sono in tutto 26), mentre in tutto si contano 13 aspiranti sindaci: record italiano, come ha evidenziato anche l’Anci, che ricorda i 12 candidati di Torino, oppure gli 11 di Rovigo.
Ed è ancora qui, a Latina, nella città dei quasi 800 aspiranti consiglieri comunali, che si gioca – nel Lazio – gran parte del test politico che queste amministrative rappresentano, non solo per il governo nazionale di Silvio Berlusconi, ma anche per la giunta regionale di Renata Polverini, alla prima verifica elettorale. Lei ha voluto affrontarla in prima persona, con tutto il peso del suo incarico. Ha indossato la divisa da combattimento e ha salutato: “Vado a mettermi la tenuta da campagna elettorale” avrebbe confidato con un sorriso. Saranno proprio i risultati delle urne a dire quanto sarà facile e produttivo il cammino della governatrice del Lazio nei prossimi mesi e quanto cambierà all’interno della coalizione che l’ha sostenuta.



Latina, dunque, è la sfida decisiva. Ma non solo. Sono 111 i Comuni chiamati al voto nel Lazio. Una parata di alleanze piuttosto caotica, specchio della estrema “fluidità” del momento politico: chi è amico in un comune diventa avversario nel giro di pochi chilometri. I comuni al voto in provincia di Roma sono 44. Scendono a 21 nel Viterbese e a 29 in provincia di Frosinone, 7 in quella di Latina (incluso il capoluogo) e 10 nel Reatino. Gli elettorati più consistenti sono quelli di Pomezia, Terracina, Cassino, Ciampino, Marino, Sora, Alatri e Genzano.
Proprio i comuni della Provincia di Roma, in particolare Pomezia e Genzano, saranno l’altra cartina di tornasole di questa tornata elettorale e un mini-test per la giunta provinciale di Nicola Zingaretti. Pomezia e Genzano erano infatti entrambe governate dal centrosinistra e i risultati delle urne diranno quanto ha ancora seguito quell’esperienza di governo. Per quanto riguarda seggi ed assessori, per la prima volta verrà applicata la legge 42/2010, che ha stabilito la diminuzione del 20 per cento di seggi ed assessori. Perciò, per esempio in provincia di Frosinone, il consiglio comunale di Cassino scenderà da 30 a 24 consiglieri e da 10 a 7 assessori; Alatri, Sora e Monte S. Giovanni Campano da 20 a 16 consiglieri e da 7 a 5 assessori. In totale, sempre in provincia di Frosinone, la «casta» politico-amministrativa verrà assottigliata di 101 consiglieri (da 422 attuali a 321) e di 42 assessori (da 147 a 105).

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