Ho partecipato il 18 maggio all’inaugurazione della statua dedicata a Giovanni Paolo II alla Stazione Termini e debbo dire che il clamore e le contraddizioni che l’evento ha suscitato da subito, mi lasciano perplesso. Sembra quasi che le critiche sino partite troppo presto, rispetto a una statua così rappresentativa. Ad esempio la critica più ricorrente “il viso non assomiglia per niente al Papa” è vera, ma va anche detto che di giudizi positivi ne ho sentiti pochi.



Né ci si può nascondere dietro al fatto semplicistico che non è opportuno criticare,  tanto  la statua è dono di una Fondazione, la Onlus Silvana Paolini Angelucci e dell’autore Oliviero Rainaldi, quindi non è costata nulla alle nostre tasche, come a dire”…a caval donato non si guarda in bocca”.
Così, se è lecito per tutti  i cittadini esprimere un loro pensiero, chiamando la statua una garritta, una cabina telefonica, un bagno turco, una campana spezzata, è pur vero che il dibattito che può nascere attorno un’opera d’arte, ha necessità di  approfondimenti, per non cadere in facili strumentalizzazioni.



Va sottolineato anzitutto una questione ovvia, ma non scontata, che questa scultura è un’opera moderna, quindi non un’opera che segue i canoni classici.
Per intenderci, un’opera moderna, sia essa scultura, pittura o architettura, ha sempre necessità di strumenti di aiuto al giudizio, perché non è di immediata comprensione e quindi non è costruttivo farsi influenzare dai mass-media nel seguire il tam-tam di internet.

Piuttosto nell’osservare un’opera moderna deve uscire allo scoperto il proprio io. Pensiamo ad esempio quando si visita un museo, laddove  prima di un giudizio, si cerca di leggere un catalogo, di parlarne con gli amici per confrontare le proprie opinioni, di seguire una guida che conosce meglio di noi l’artista.



Moderna significa che non è una statua dove l’artista rappresenta fedelmente e fisicamente una persona, come riuscivano il genio di Michelangelo o del Caravaggio, in grado addirittura di migliorare l’espressività dei soggetti, che sembravano quasi parlare per il loro realismo.
Moderna significa che vengono messi in risalto solo alcuni simbolismi del soggetto, e qui il mantello, sopra ogni altro aspetto, è quello che rappresenta l’accoglienza; anzi addirittura il vuoto del mantello, che non contiene nulla, non va letto in negativo, ma rappresenta la possibilità per tutti di essere accolti.

Se si voleva poi rappresentare il Papa con i canoni classici, si poteva ricorre ad un artista che si esprimeva con questi canoni. Quanti conoscono ad esempio le opere con cui è stato rappresentato Papa Woityla da Czeslaw Dzwigaj, uno degli scultori più famosi di Cracovia?
Ha realizzato oltre 70 statue e non è stanco di dedicarle tutte allo stesso soggetto: questi monumenti sono posti in tutto il mondo, perfino a Fatima dove una gigantesca statua  è posta di fronte alla nuova chiesa SS Trinità.

Altra cosa importante è che la statua della Stazione Termini, non è addossata ad un muro come tante altre di  Roma, così si può osservare a tutto tondo,  girando attorno al giardino dove è posta.
Qui ci si potrà sorprendere delle varie angolazioni che rendono la scultura spesso diversa,  a volte anche goffa e monolitica, ma con più attenzione si nota che il mantello non è simmetrico, bensì un lembo è molto più esteso dell’altro, quasi a voler creare un invito, come quello che fece il Papa nell’accogliere sotto il mantello alcuni anni fa, un bambino seduto sui gradini davanti a lui.

Come pure non è secondario il materiale usato, come la fusione di rame che alle varie ore del giorno, con il gioco di ombre, assume tonalità differenti.
Quindi la scultura non è una “tenda squarciata dal vento”, ma  a mio avviso è  piuttosto la  scelta rischiosa e personalissima dello scultore Rainaldi,  di volersi intenzionalmente distaccare dalla classica iconografia papale per calarla nella modernità.

Se poi si conoscono le opere d’arte di Rainaldi , che vive e lavora Roma, il giudizio è ancora più semplice.
Dal 2000 ad oggi ha realizzato gli arredi liturgici di varie Chiese di Roma e di Terni e ha lavorato a varie commissioni ecclesiastiche; è stato insignito da Papa Giovanni Paolo II del titolo di Accademico della Pontificia Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi del Pantheon, ha realizzato tra l’altro la statua definita” L’energia della materia a Casa Italia, a Pechino   per i   XXIX Giochi Olimpici del 2008 e tanto altro.

Ultimo elemento utile al giudizio è che le critiche che si fanno ad un monumento, ovvero ad una scultura fissa e durevole nel tempo, non sono le stesse che si fanno alle installazioni.
È pieno il mondo di installazioni temporanee, ovvero di opere d’arte che hanno da una parte il merito di far conoscere gli artisti e, dall’altra, di facilitare le amministrazioni locali nel togliere l’opera dopo un tempo fissato, spesso anche prima, per non rischiare giudizi politici.

La nostra cultura e le nostre città sono state più abituati negli anni  alle cose effimere e temporanee, che alle cose stabili.
Quanti mass-media hanno riferito ad esempio della scultura di sale a forma di piramide realizzata da Mimmo Paladino, vicino piazza Duomo a Milano? E’ un’opera interessante, ma criticabile se si giudica di getto. Molti infatti l’hanno sentita nominare solo in questi giorni, perché è stata assalita e rovinata dai tifosi del Milan, in festa per lo scudetto.

Ma forse se né è parlato molto poco proprio perché non era una scultura stabile e prima o poi, una volta smantellata,nessuno l’avrebbe più vista.
E qui, con Giovanni Paolo II, ormai il dado è tratto, perché il soggetto è un santo, un simbolo universale e perché è universale la città di Roma.

O si ha il coraggio di sostenere questa scelta, e saranno gli anni a giudicarla, o si dovrà spostare o modificare, ma di sicuro ci sarà sempre qualcuno che criticherà, perché non è stato aiutato o piuttosto educato, ad un giudizio.
Lo stesso Giovanni Paolo II ci può venire in aiuto, quando scrisse la lettera agli artisti nel 1999, dicendo”…un artista …sa anche di dover operare senza lasciarsi dominare dalla ricerca di gloria fatua o dalla smania di una facile popolarità”.

E sembra proprio il caso di questa statua!