Il corpo di Bruno Montaldi (48 anni, sposato con figli) è stato trovato domenica mattina da un collega a 35 metri di profondità, nel cantiere della linea metropolitana B1 a Roma. L’autopsia, fissata dal pm Pietro Pollidori, dovrà accertare le cause della morte. L’operaio, addetto al monitoraggio tecnico di un impianto di congelamento, lavorava per la Icoteckne di Napoli, società realizzatrice dei lavori della linea B1.
Dalle prime ricostruzioni pare che l’uomo, cadendo, abbia sbattuto la testa e perso molto sangue, ma è forte il sospetto che la morte sia sopraggiunta in seguito a una fuga di azoto, sostanza che scorre nelle serpentine e che viene usata per congelare il terreno. In questi casi però dovrebbe entrare in funzione un monitor consultabile in superficie che dovrebbe segnalare eventuali anomalie.
«Ancora non è chiaro cosa sia successo – afferma Andrea Cuccello, segretario generale Filca (Federazione Italiana Lavoratori Costruzioni ed Affini) Cisl di Roma e provincia, intervistato da IlSussidiario.net -. È in corso un’indagine della magistratura nel più stretto riserbo. Il luogo della tragedia è ancora sotto sequestro, anche perché le dinamiche non sono ancora chiare. Non si capisce ad esempio per quale motivo l’operaio fosse sceso così in profondità». Nel frattempo la Procura di Roma ha indagato per omicidio colposo il responsabile della sicurezza: «C’è la tendenza, purtroppo, a pensare che una persona indagata sia colpevole, ma questo non è giusto – prosegue Cuccello -. La giustizia farà il suo corso: è normale che il responsabile della sicurezza sia stato indagato, l’importante però è evitare di colpevolizzare una persona che sta vivendo un dramma sulla sua pelle».
Questo tragico incidente ad ogni modo riapre la discussione sul livello della sicurezza nei nostri cantieri: «È giusto ricordare che il cantiere della metro B1 fosse stato premiato per il suo livello di sicurezza. Purtroppo però, anche nei cantieri maggiormente organizzati, una disattenzione, un malore o una svista possono essere fatali». Ad ogni modo le regole non sempre sono di casa: «Esistono vari tipi di cantiere: quelli pubblici, come in questo caso, e quelli delle imprese private, che non sempre applicano le regole contrattuali vigenti. È stato fatto molto, come l’introduzione del documento unico di regolarità contributiva (DURC), che permette di avere un controllo sulle imprese che applicano la normativa contrattuale. C’è comunque ancora molta strada da fare: ogni mattina si riversano su Roma circa 100mila lavoratori di cui almeno il 50% senza un regolare contratto, o magari sconosciuti all’anagrafe».
Ma da si può ripartire per migliorare le cose? «Deve cambiare la mentalità. Troppo spesso i cantieri vengono vissuti ancora come posti “di fortuna” e così il “cantiere d’impresa” sembra una chimera. Basti pensare che un tempo le grandi imprese si occupavano di tutto, dallo scavo alla costruzione del manufatto, mentre oggi all’interno di uno stesso processo produttivo intervengono dalle trenta alle quaranta imprese. In queste condizioni diventa difficile costruire un sistema integrato di sicurezza. Bisogna poi dare corso a quanto sottoscritto dal Prefetto di Roma rispetto all’applicazione dello schema di capitolato sugli appalti pubblici: serve una stazione unica appaltante che permetta di avere una maggiore organicità in fatto di appalti, per evitare la logica del massimo ribasso, che va a discapito della sicurezza. Riteniamo poi che sia giunto il momento che l’amministrazione comunale convochi le parti sociali, quindi Filca Cisl, Fillea Cgil, Feneal Uil e Acer per parlare della sicurezza, ma anche del rilancio dell’occupazione a Roma».
Nel frattempo per lunedì mattina i colleghi della vittima hanno organizzato un’assemblea di solidarietà: «Dobbiamo fermarci un attimo, ragionare e capire se è stato fatto tutto il necessario. C’è poi il grande desiderio di esprimere tutta la nostra vicinanza nei confronti della famiglia della vittima. Anche per questo abbiamo proposto che la fermata di Piazza Annibaliano venga intitolata a quest’uomo, che ha perso la vita lavorando di domenica in un appalto del Comune di Roma».
(Claudio Perlini)