Augusto Del Noce. La legittimazione critica del moderno: è il titolo del volume, appena edito da Marietti, presentato domenica sera, al Teatro Manzoni di Roma, a cura dell’ «Associazione Culturale Paola Bernabei». Oltre all’autore, Massimo Borghesi, hanno illustrato il contenuto del libro Bruno Sconocchia, presidente dell’Associazione, e Ubaldo Casotto vicedirettore de “Il Riformista”.Del Noce, di cui si è appena celebrato il centenario (1910-2010), è stato uno dei più grandi intellettuali italiani del secondo dopoguerra. Conosciuto per le sue penetranti analisi del comunismo, di quello gramsciano in particolare, e per i suoi studi sull’ateismo moderno, lo è molto meno per la sua formazione ideale, per l’anima liberale del suo cattolicesimo. Nel suo studio Borghesi ha voluto rovesciare l’immagine di Del Noce come pensatore geniale ma volto all’indietro, al mondo di ieri. Immagine che si è andata consolidando negli anni ’70 allorché l’intellighenzia ed il potere, influenzati dal PCI,  mal tolleravano la presenza di un intellettuale scomodo, non subalterno. Donde il tentativo di delegittimazione di un pensatore che, stretto collaboratore della rivista e dell’editrice “Il Mulino” di Bologna, non poteva certo essere etichettato come conservatore. Per dissolvere tale immagine Borghesi, la cui indagine  ripercorre la riflessione delnociana dal 1943 al 1978, va alle radici dell’impegno teorico e pratico del filosofo piemontese. Grazie alla pubblicazione di una larga messe di inediti degli anni ’40, gli Scritti politici 1930-1950 pubblicati nel 2001 da Rubbettino, scopriamo così che il giovane Del Noce già nel 1936, al tempo della guerra d’Etiopia quando il regime raggiunge il massimo del suo consenso, è mosso da una profonda reazione morale nei confronti del fascismo. Amico di Aldo Capitini, il teorico della non violenza, e frequentatore di Piero Martinetti, Del Noce è vicino idealmente agli antifascisti della scuola torinese molti dei quali sono suoi amici. Come cattolico si sente isolato nel suo antifascismo, non è sostenuto da un retroterra culturale capace di valorizzare pienamente le libertà moderne. Lo studio  di Jacques Maritain  lo libererà da questo complesso. L’autore di Umanesimo integrale, letto da Del Noce già nel 1936, permetteva, infatti, di dissociare il cattolicesimo da ogni  legame con le destre e il fascismo. Distingueva, inoltre, la fede dai vari modelli storici in cui questa si era incarnata, modelli che, come quello medievale, erano riconosciuti nel loro valore ed, insieme, relativizzati. Staccando la prospettiva cristiana da quella medievalistica, Maritain rendeva possibile il riconoscimento del valore della democrazia moderna, fuori da ogni posizione integralistica e reazionaria. Del Noce riconoscerà in Maritain il suo maestro ideale, il punto di riferimento nell’accordo tra cattolicesimo, libertà, modernità.  Questa sintesi era l’opera prioritaria a cui i cattolici si dovevano dedicare se volevano essere all’altezza del tempo nuovo. Diversamente la cultura cattolica era condannata ad oscillare tra modernismo e reazione e la Democrazia cristiana, il nuovo partito dei cattolici, priva di legittimazione, non poteva che ripiegare in un pragmatismo senza respiro, impotente di fronte all’unità di politica ed ideologia propria della posizione comunista. In Alcide De Gasperi, Del Noce riconobbe il proprio modello di politico ideale, un modello che richiedeva un approfondimento teorico in grado di riconciliare cattolicesimo e libertà. Parte da qui  una imponente revisione di storiografia filosofica che  occupa  il pensatore per tutti gli anni ’50 e il cui risultato è la «scoperta» di un filone cattolico, censurato e dimenticato, del pensiero moderno, la corrente che va da Cartesio a Rosmini e che passa per Malebranche e Vico. Una corrente che esalta la connessione tra la libertà dell’uomo e l’idea di Dio e che si oppone all’altro filone del moderno, quello razionalistico-ateo, che parte sempre da Cartesio e culmina in Hegel e Marx. Questa scoperta consente a Del Noce di incontrare il moderno non dal di fuori o alla sua periferia ma all’interno. Il cristianesimo non ha cessato di permeare la coscienza moderna. Al contrario ne costituisce la coscienza critica, l’anima liberale che si oppone alla deriva razionalistico-totalitaria che porta il moderno verso la sua corruzione. Si trattava di un rovesciamento di prospettiva, rispetto al modo usuale di dipingere il rapporto tra cristianesimo e mondo moderno, di portata radicale. La revisione delnociana consentiva la critica all’aspetto negativo del moderno ed insieme, fuori da ogni deriva reazionaria, la piena legittimazione del valore liberale contenuto nella coscienza moderna. A partire da qui Del Noce stabilirà, tra la fine degli anni ’50 e gli anni ’60, un’intensa collaborazione con Nicola Matteucci ed “Il Mulino”. Il punto d’incontro: la sintesi tra cattolicesimo e libertà il cui modello era offerto da Alcide De Gasperi.



Amico di Aldo Capitini, il teorico della non violenza, e frequentatore di Piero Martinetti, Del Noce è vicino idealmente agli antifascisti della scuola torinese molti dei quali sono suoi amici. Come cattolico si sente isolato nel suo antifascismo, non è sostenuto da un retroterra culturale capace di valorizzare pienamente le libertà moderne. Lo studio  di Jacques Maritain  lo libererà da questo complesso. L’autore di Umanesimo integrale, letto da Del Noce già nel 1936, permetteva, infatti, di dissociare il cattolicesimo da ogni  legame con le destre e il fascismo. Distingueva, inoltre, la fede dai vari modelli storici in cui questa si era incarnata, modelli che, come quello medievale, erano riconosciuti nel loro valore ed, insieme, relativizzati. Staccando la prospettiva cristiana da quella medievalistica, Maritain rendeva possibile il riconoscimento del valore della democrazia moderna, fuori da ogni posizione integralistica e reazionaria. Del Noce riconoscerà in Maritain il suo maestro ideale, il punto di riferimento nell’accordo tra cattolicesimo, libertà, modernità.  Questa sintesi era l’opera prioritaria a cui i cattolici si dovevano dedicare se volevano essere all’altezza del tempo nuovo. Diversamente la cultura cattolica era condannata ad oscillare tra modernismo e reazione e la Democrazia cristiana, il nuovo partito dei cattolici, priva di legittimazione, non poteva che ripiegare in un pragmatismo senza respiro, impotente di fronte all’unità di politica ed ideologia propria della posizione comunista.



In Alcide De Gasperi, Del Noce riconobbe il proprio modello di politico ideale, un modello che richiedeva un approfondimento teorico in grado di riconciliare cattolicesimo e libertà. Parte da qui  una imponente revisione di storiografia filosofica che  occupa  il pensatore per tutti gli anni ’50 e il cui risultato è la «scoperta» di un filone cattolico, censurato e dimenticato, del pensiero moderno, la corrente che va da Cartesio a Rosmini e che passa per Malebranche e Vico. Una corrente che esalta la connessione tra la libertà dell’uomo e l’idea di Dio e che si oppone all’altro filone del moderno, quello razionalistico-ateo, che parte sempre da Cartesio e culmina in Hegel e Marx. Questa scoperta consente a Del Noce di incontrare il moderno non dal di fuori o alla sua periferia ma all’interno. Il cristianesimo non ha cessato di permeare la coscienza moderna. Al contrario ne costituisce la coscienza critica, l’anima liberale che si oppone alla deriva razionalistico-totalitaria che porta il moderno verso la sua corruzione. Si trattava di un rovesciamento di prospettiva, rispetto al modo usuale di dipingere il rapporto tra cristianesimo e mondo moderno, di portata radicale. La revisione delnociana consentiva la critica all’aspetto negativo del moderno ed insieme, fuori da ogni deriva reazionaria, la piena legittimazione del valore liberale contenuto nella coscienza moderna. A partire da qui Del Noce stabilirà, tra la fine degli anni ’50 e gli anni ’60, un’intensa collaborazione con Nicola Matteucci ed “Il Mulino”. Il punto d’incontro: la sintesi tra cattolicesimo e libertà il cui modello era offerto da Alcide De Gasperi.

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