Non è da tutti i giorni l’inaugurazione di una nuova opera di ingegneria e architettura a Roma, come il Ponte della Musica, che dal 31 Maggio è fruibile dai cittadini, eppure negli ultimi anni, non pochi episodi di modernità stanno ridisegnando il tessuto urbano.
Se pensiamo al museo Maxxi di Zaha Adid, all’edificio dell’Ara Pacis di Mayer, e prima ancora all’Auditorium di Renzo Piano. Se pensiamo anche alle opere in corso di realizzazione come la nuova stazione Tiburtina, la Nuvola di Fuksas e i grattacieli di Purini e dello Studio Transit.
Certo, di fronte alla realizzazione di una nuova architettura, un nuovo oggetto di design, un monumento, ci domandiamo sempre se sia utile o meno, se sia funzionale o meno, se i soldi siano stati spesi bene (per il ponte si parla di 8 milioni di €, con un costo di circa 2000€/mq) o potevano piuttosto essere investiti per l’asfalto delle strade cittadine.
Addirittura si pensa se un’opera moderna sia di destra o di sinistra, a secondo della giunta che ha bandito o inaugurato l’evento.
O come spesso si sente dire a Roma: ”Non ci entusiasmiamo troppo, oggi hanno inaugurato un manufatto nuovo, ma domani lo chiudono per finire i lavori”.
A mio avviso, la modernità non ha colori politici, ma si deve essere grati sia a chi inizia l’opera sia a chi la conclude, perché le responsabilità sono tante per portare a compimento un manufatto.
E la modernità non guasta mai per Roma, sia nell’arte che nell’architettura, perché le novità edilizie sono simboliche di un qualsiasi tentativo di cambiamento, ma anche realistiche nel lasciare un segno indelebile per la città eterna, dove tutti ci guardano soprattutto per la storia antica.
Proprio prendendo spunto dall’Auditorium di Piano, il nuovo ponte sul Tevere è detto della Musica, poiché collega il quartiere Flaminio, dove appunto è presente l’Auditorium della Musica, il Palazzetto dello Sport e lo Stadio Flaminio di Nervi, con il quartiere delle Vittorie, con gli insediamenti del Foro Italico, lo Stadio Olimpico e il Ministero degli Affari Esteri, opere progettate ante guerra, ma concluse con le Olimpiadi del ‘60.
Si può dire che assieme all’Eur, questa zona di Roma è certamente quella che ha subito, dal dopoguerra ad oggi, le maggiori trasformazioni del tessuto edilizio, dovute alle nuove architetture.
E non è stata una trasformazione spontanea come quella delle periferie romane, ma progettata e pensata, soprattutto in occasione degli eventi sportivi degli anni 60 e poi dei mondiali di calcio del ’90.
Certo, tutte le città al Mondo che hanno ospitato le Olimpiadi sono cambiate, ma questa zona in particolare ha assunto nel tempo una vocazione decisiva rispetto alla presenza del Tevere, poiché le sponde qui, a nord del fiume,al contrario del centro storico, sono in buona parte praticabili.
Tanto che con alcune trasformazioni, la zona potrà ospitare il villaggio degli atleti per le nuove Olimpiadi del 2020 e le sponde del fiume saranno riqualificate a Parco Fluviale.
Il progetto del ponte risale ad un concorso internazionale bandito negli anni 2000 e la realizzazione fu iniziata nel 2008.
La struttura è costituita da un impalcato sorretto da due archi ribassati in acciaio – 190 metri di lunghezza e 22 metri di larghezza massima nella parte centrale – poggianti su una piattaforma in cemento armato, che aprirà una sorta di piazza sul fiume.
“La soluzione proposta – spiegano gli autori del progetto – è caratterizzata dall’inclinazione dei due archi rispetto al piano verticale e dall’assenza di un loro collegamento orizzontale nella zona sovrastante l’impalcato. Ciò consente una particolare leggerezza dell’immagine architettonica e l’eventualità di separare una corsia centrale dai due percorsi pedonali che si affacciano senza ostacoli sul fiume.
Per me personalmente, nato e vissuto a Roma, il Tevere ha sempre avuto un grande interesse, sviluppato anche grazie alla mia tesi di laurea, proprio per un progetto di riqualificazione urbana delle sponde del fiume, all’altezza di Ponte Milvio.
Ho capito che la storia dei ponti di Roma è di grande aiuto per capire lo sviluppo della città in ogni epoca, tanto che non si può riprogettare qualcosa sul Tevere senza conoscere i ponti, che non sono poi tanti, se si pensa che Roma ne ha 31 e Berlino 5 volte più di Venezia.
L’ultimo ponte fu inaugurato a Roma esattamente 40 anni fa, il Ponte Nenni dove passa la metropolitana, ma prima ancora nel ’60 fu varato il Ponte sulla Via Olimpica, detto di Tor di Quinto.
E nelle vicinanze del Ponte della Musica non si può fare a meno di citare Ponte Milvio, uno dei più antichi di Roma,costruito tra il 100 e 200 d. c. e il Ponte Risorgimento, progettato da Francois Hennebique, nel 1911, in occasione dell’esposizione dei 50 anni dell’unità d’ Italia, con un sistema allora innovativo, una sola arcata lunga 159 metri, in cemento armato.
Le opere di ingegneria ed architettura sono sempre una palestra di esperienze innovative, ma nel ponte della Musica va anche detto che per la prima volta, un ponte si apprezza anche dall’alto del Tevere, camminandoci sopra, grazie alle sue arcate proiettate verso l’alto.
Così sono d’accordo con chi dice che un’opera di rilievo non deve solo limitarsi a risolvere i problemi esistenti, ma anche a sorprendere con la sua presenza, laddove un paesaggio bello non esiste solo se è riferito alla natura incontaminata e basta, ma anche se è trasformato dal lavoro dell’uomo.
Chi ha lavorato al Ponte della Musica?
Vincitore del Concorso è risultato il Buro Happold di Londra in collaborazione con Kit Powell-Williams Architects.
Buro Happold è una società di progettazione multidisciplinare, nata nel 1976 da Sir Ted Happold, e lavora con un network di 1700 professionisti in tutto il mondo, facendo della ricerca e dell’innovazione la sua filosofia, contribuendo tra l’altro anche al Millennium Dome di Londra di Rogers e alla progettazione dei nuovi insediamenti di Milano Porta Garibaldi, di Pelli e Boeri.
Con Buro Happold, sono poi intervenuti in fase esecutiva le società di ingegneria italiane come Lotti & Associati e Mario Pietrangeli & Associati, nonché le imprese italiane che hanno vinto l’appalto.
La benedizione impartita all’inaugurazione, alla presenza del Sindaco Alemanno, da S.E. il Vescovo Marciante ha compreso sia gli operai, che i tecnici che hanno lavorato alla costruzione e tutti i cittadini che utilizzeranno il ponte.
E qui, nel fidarsi di una benedizione e nel giudicare la bellezza di questo lavoro, ci può venire in aiuto una frase di T. S. Eliot quando dice” Ti ringraziamo per averci sospinto a edificare, a cercare, a formare sulle punte delle nostre dite e al raggio dei nostri occhi”.