Roma ne ha viste tante, in 2.764 anni d storia, che non è un gay pride a turbarla. Smontati i carri multicolor, arrotolati striscioni e bandiere, ripulite le strade e le piazze, cosa resta della kermesse dell’orgoglio omosessuale? Un po’ di immondizia, molte polemiche, qualche parola di troppo. Scritta, pronunciata, esibita. L’europride glbt, complicato acronimo che abbiamo imparato a sciogliere con Gay, Lesbiche, Bisessuali e Transessuali, si espone a Roma da una decina di giorni. Centro dell’evento piazza Vittorio, come a dire: piove sempre sul bagnato. L’austera piazza sabauda è il cuore di una multietnicità faticosamente affermata, perché teatro di intrighi e violenza di bande, e perché i tanti stranieri perbene che abitano in zona sono anche i più indigenti, gli irregolari, le vittime della disoccupazione e della criminalità. E vorrebbero essere dimenticati e vivere in pace. I più arrabbiati per la location scelta dai geniali organizzatori dell’evento infatti sono stati proprio i cinesi, la più nutrita comunità del quartiere.
È stato poi ricordato che solo tre mesi fa sono stati spesi 40.000 euro da parte di Roma Capitale per riparare i danni procurati dalle troppe manifestazioni al manto erboso, alle staccionate, alle panchine. E’ vero che il rione prende il nome da una caserma, e i soldati anche allora non brillavano per comportamenti morigerati, e che prima era la discarica dell’Urbe, e la sede del cimitero dei poveri. Ma poi Augusto seppellì quei terreni fetidi sotto i meravigliosi giardini degli Orti di Mecenate. Agli abitanti di oggi basterebbe portare i bambini in giardinetti appena decorosi, e ai nonni che li accompagnano le drag queen creano qualche problema. Già, i bambini: i genitori gay hanno organizzato un trenino dei bimbi, detto delle “famiglie Arcobaleno”, e alle perplessità di tante voci la risposta è stata sdegnata: “Al Family day i bambini c’erano”. Appunto.
Era una manifestazione di famiglie, per le famiglie. Basta intendersi sull’idea di famiglia, perché anche i gay credono di costruire famiglie. E credono che educare i loro figli al rispetto delle opinioni altrui, delle diversità, significhi ad esempio insultare il Papa e la Chiesa. Interessante leggere i giornali più gettonati, che elogiano l’accoglienza della città, si sperticano in “finalmente”, auspicano leggi che non ci escludano dall’Europa “civile”, infamano quei quattro gatti di Militia Christi che hanno osato protestare e gridare vergogna. Non si fa, perchè la vostra protesta, amici, rimbalza mediaticamente come proterva, fascista, integralista, e dà la stura alle anime belle per innalzare con più foga i cartelli col Papa in mutande.
Di queste esternazioni ignobili, stupide e volgari sulla nostra stampa, poche tracce: intemperanze di pochi, la solita teoria dei compagni che sbagliano. Anche se insultano il sindaco e la Governatrice della regione, piegati a presenziare al corteo. Meglio defilarsi, signora Polverini, quelle piazze non portano voti, anzi. Non ci si mischia con quei cartelli, con quelle scritte per dovere di ospitalità. Per una Lady Gaga che arriva a pontificare, lei sì, in quel Circo Massimo che un mese fa aveva visto centinaia di migliaia di giovani pregare in silenzio, nella veglia per la beatificazione di Giovanni Paolo II.
Non si tratta di discutere di diritti, ci mancherebbe. I diritti della persona sono sacri e inviolabili, prima che garantiti dalla Costituzione. E ogni persona è unica, irripetibile e questo ce l‘ha insegnato il Cristianesimo. I liberal ante litteram del mondo antico che si univano senza pudori con uomini e donne, indifferentemente, si facevano fare le stanze e il pranzo dagli schiavi.
Si può discutere però di come chiederli, i cosiddetti diritti, e quali siano quelli da rivendicare. Il rispetto, l’eguaglianza davanti alla legge, sono diritti della persona. Formare coppie omo o lesbo con tanto di privilegi familiari e pretendere di adottare i bambini, non è un diritto. Si può discutere di manifestazioni che appaiono politiche. Non a caso in testa troviamo i capipopolo di partiti in cerca di occasioni per dare spallate.
Lady Gaga, brutta copia di Madonna che almeno aveva il pregio dell’originalità, e una voce niente male, ha parlato (molto), ha cantato (poco) in un noto ritornello: “Dio errori non ne fa”. Ne eravamo certi. Sta agli uomini scegliere, infatti.