Il 23 giugno del 1983, Augusto Del Noce, che presiedeva al Palazzo dello Sport di Roma la manifestazione di chiusura della campagna elettorale della Democrazia Cristiana, così affermava: “Chi ha l’onore di presiedere questa conclusione della campagna elettorale è la più vecchia matricola forse della politica mondiale, candidato nel collegio più vasto d’Italia e che perciò esprime la speranza in una nuova generazione che sta già crescendo ed affermandosi. Bello è che la conclusione della campagna elettorale si presenti come festa popolare, perché il bisogno di festa è bisogno di sentirsi insieme, di sentirsi comunità, di una dimensione della vita associata che oggi è minacciata”.
Mi ricordo come fossero oggi quelle parole dette al termine dell’intenso mese di lavoro che mi aveva coinvolto in prima persona, nella campagna elettorale di Del Noce per candidarsi al Senato della Repubblica.
Erano stati alcuni amici che avevano fondato l’Associazione Culturale Nuova Presenza a chiedermi di aiutare il “professore” a diventare Senatore.
Infatti, per candidarsi al Senato non si faceva campagna elettorale, ma si veniva candidati in collegi dove, in quel caso la Democrazia Cristiana, era più o meno sicura di far vincere il candidato, per il gioco delle preferenze.
Del Noce, che in un primo momento sembrava doversi presentare nel collegio di Testaccio, fu poi spostato in un collegio comprendente i votanti di Eur, Laurentino ed Ostia, a favore di Dino Viola, presidente della Roma che pochi giorni prima aveva vinto lo scudetto.
Da buon tifoso romanista ero convinto che la città in festa già da un mese ed euforica dopo la lunga attesa dell’ultimo scudetto vinto 40 anni prima, avrebbe sostenuto il Presidente Viola, nel collegio di Testaccio, quartiere storico per i colori giallorossi.
Lo dicevo al Professore, ma lui, per nulla preoccupato di questi eventi, non si tirava indietro e chiedeva di essere aiutato.
Mi sembra importante ricordare alcune sensazioni di quella esperienza che ha costituito un momento importante per la mia vita e per gli amici con cui lavorammo assieme.
Fu proprio infatti con la “speranza in una nuova generazione” che Del Noce si affidò totalmente a quel gruppo di trentenni, poco esperti di politica, poco esperti di campagne elettorali, ma desiderosi di lavorare in compagnia per un ideale più grande.
Il ricordo più caro che mi rimane di Augusto – non voleva che noi lo chiamassimo professore e ci davamo del “tu” – era la sua sconfinata fiducia nel nostro lavoro, non tanto nel suo esito finale, ma nella libertà che da esso traspariva. La stessa libertà con cui accettò comunque la candidatura al collegio senatoriale, con cui lavorò assieme a noi senza sosta sapendo che per vincere una campagna elettorale di quella portata, sarebbe stata necessaria ben altra organizzazione.
.Traspariva dal suo impegno che, più che i numeri della politica, contava essere appassionati al proprio destino, tanto che dal suo esempio, fummo tutti noi trascinati negli anni a venire da un impeto grande e creativo nell’impegno sociale ed istituzionale.
Mi piace ricordare in proposito che Del Noce era capace di stimare il lavoro dei più umili tra noi, come il lavoro di un certo Giulio, che poi è rimasto tra quelli più a lui affezionato, perché sapeva valorizzare le persone più semplici e ad esse sapeva affidarsi. Ma oltre a Giulio, conosceva Vincenzo, Sandro, Alighiero, Pino e tanti altri.
Non avevo mai incontrato una persona così autorevole dal punto di vista culturale ed allo stesso tempo così capace di farsi guidare- passo dopo passo, sia nelle scelte dei discorsi, sia dei comportamenti da tenere nelle assemblee, sia delle persone da incontrare- da giovani che potevano essere suoi figli.
Per questi motivi, decidemmo di intitolare i suoi manifesti elettorali “Augusto Del Noce: un maestro”, perché era veramente un maestro di umanità.
Quei manifesti, per molto tempo dopo le elezioni, campeggiavano per la città, anche se purtroppo accanto ai tanti manifesti di Emanuela Orlandi, che proprio in quei giorni, mentre il Papa Giovanni Paolo II stava tornando dal viaggio in Polonia, veniva rapita.
Nel titolo del Convegno che organizzammo appositamente per la campagna elettorale“L’ideale si fa progetto”, stava tutta l’espressività del rapporto tra Del Noce e questo gruppo di amici, tanto da considerarlo appunto maestro nel tentativo culturale di passare dall’ideale cristiano al progetto concreto.
Coordinando personalmente quel convegno ricordo che Del Noce esordì con una semplicità sorprendente: “Non sono mai stato candidato in niente ed in questo senso forse batto un primato mondiale – per poi proseguire con giudizi di portata storica ed attualissima – il marxismo è fallito a tal punto che nemmeno i comunisti si richiamano più a Marx ed è fallito anche il laicismo, cioè quella società consumistica pensata come alternativa laica al marxismo. Il segno dei tempi è rappresentato dal mondo cattolico e la speranza di cui questo mondo è portatore va trasferita anche in politica”.
Dino Viola, grazie allo scudetto di Bruno Conti e Falcao, di Pruzzo e di Di Bartolomei, grazie al collegio sicuro,entrò in Senato.
Del Noce, umile professore e filosofo, che non si era mai occupato di calcio prima dei miei racconti, né mai di partiti, risultò il primo dei non eletti, ma in proporzione, uno dei candidati senatoriali più votato.
E va considerato che nell’83 la DC ottenne una severa sconfitta rispetto alle previsioni.
Così la squadra della Roma era contenta, ma anche la nostra squadra di amici poteva considerarsi soddisfatta.
Eppure il destino volle sorprenderci ancora di più.
Del Noce, entrò infatti in Senato meno di un anno dopo, nel febbraio ’84 a seguito della scomparsa del senatore Sandulli, come primo dei non eletti e lavorò ancora incessantemente per quei giovani che tanto stimava ed ai quali aveva dato già tanto.
Come membro della Commissione Istruzione del Senato fino all’87 lo coinvolgemmo ancora spesso sui temi di famiglia e scuola e ci diceva:”Per evitare che la crisi della famiglia si acuisca è necessario anche un rinnovamento nel rapporto famiglia-educazione e questo rinnovamento potrà essere realizzato solo attraverso un pluralismo scolastico”.
Quei giovani che nel Giugno dell’83 lo avevano seguito con affetto e che in diversi modi avevano continuato a rendere attuale il suo pensiero, anche dopo la sua scomparsa, oggi sono adulti ed alcuni come me, sono anche nonni.
Così, quel mese di giugno, tra lo scudetto della Roma che non avevo mai visto in vita mia prima di allora, e l’amicizia personale che era nata con Augusto, fu un periodo veramente speciale.