E’ difficile resistere a una passeggiata notturna in questa Roma splendida d’estate. I turisti rispolverano qualche memoria di Dolce vita,  si lasciano prendere dal fresco tra le mura spesse del centro storico, sbrecciate da qualche piantina, che creano cortili ed  edicole, che lasciano intravedere improvvisi slarghi sul cielo, sui monumenti più belli del mondo. Spunta la luna e uno spicchio di Vittoriano, un campanile, una colonna del Foro. Di notte, come già sapevano gli artisti che visitavano la Capitale nel Gran Tour, Roma è più pittoresca, più magica.  Niente a che fare col caos che la violenta da un po’ di anni, e rende infrequentabili le zone più note, percosse dagli schiamazzi di locali e movide vuote, dove si bruciano cocktails e stupefacenti.  Curioso, che la parola “movimento” possa applicarsi, resa più attrattiva dall’accento spagnolo, ad un agitarsi vano e senza meta e scopo,  dove chiunque si incontri è un amico o un nemico, a seconda del tasso alcolico raggiunto dalla serata.
Movide uguali da Madrid a Rio a Praga a Dublino, sempre uguali a se stesse, per chi insegue notti cercando di placare la solitudine, il nulla di troppe giornate. Non più stornelli e carrozzelle che battono i sampietrini, gattare che sbucano dai vicoli, quel cornetto caldo sfornato alle 3 del mattino, perché ci sono i posticini che lo fanno, in centro e a Trastevere. Ma viados e trans e branchi di teste rasate, di punkabestia e fighetti annoiati in cerca di brividi a buon mercato. Così, chiunque abbia un figlio sa che non si frequenta il centro di Roma, la sera. Meglio le piazze del tuo quartiere, meglio il muretto a fianco della scuola o della parrocchia. Il centro è terra di nessuno.
L’altra sera un ragazzo suonava in un locale del rione Monti. Chi è di Monti è romano verace, si tramanda in città. Una volta. Oggi gli alloggi di quel quartiere sono preda di ricchi stranieri, di famosi del cinema o della tv. Sono sbucati come funghi bar e pub alla moda,   punto d’incontro di chi è a caccia di cibi esotici e “famolo strano”.  29 Anni, Alberto Bonanni suonava, e avrà amato suonare, e magari lo faceva anche gratis, pur di suonare; oppure gli serviva mettere insieme due soldi perché un lavoro non si trova facile, e sei hai un dono, ti arrangi come puoi. Uscito, è stato insultato da un residente sceso apposta per contestare il volume alto della musica, con una frusta in mano.



Un inseguimento, l’incrocio all’angolo con un gruppo di teppisti senza alcuno altro desiderio e fine che menare le mani, per marcare il terreno, come le belve. Pugni, calci al ragazzo che crolla. Cade a terra, in coma, gravissimo.
Gli aggressori sono più giovani di lui, vengono individuati, tramite fb dove andavano a vantarsi della loro prodezza, fermati, arrestati. Inconsapevoli, si direbbe: che sarà mai, qualche pugno? Che sarà mai, la vita di un ragazzo? Che sarà mai, finire in coma per un gesto folle di violenza buono a celare rabbia e inutilità? Si può essere esasperati, dal rumore che ti impedisce di dormire la notte.
Le vignette satiriche di un tempo raccontano che si tiravano giù dai balconi catinelle d’acqua e non solo. Ma che bestialità assassina ci sorprende, quale il movente di tale livello di disumanità e demenza? Come, dove sono cresciuti ragazzi così, che padri e madri hanno, che insegnanti hanno incontrato, che ragazze hanno baciato nei loro primi amori, che sogni hanno mai avuto in cuore.  Si difendono dicendo che si trattava di legittima difesa, che del casino per strada non ne possono più. Da dove si comincia, per ricostruire degli uomini, da una tale miseria? Quale musica domani potrà far scordare le note di Bonanni, e placare il dolore, non volgerlo in vendetta ?

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