«Il locale esiste da circa 70 anni, ma mio padre lo ha rilevato nel 1971. Il precedente proprietario veniva chiamato Antonio il Mago e mio padre, chiamandosi anche lui Antonio ma essendo un po’ più basso, ha deciso di chiamarlo Il Maghetto». IlSussidiario.net è andato a trovare Riccardo Serra nel locale che lui e la sua famiglia portano avanti da ormai quarant’anni nel quartiere San Lorenzo, a due passi dalla città universitaria della Sapienza e quindi anche dal cimitero del Verano. «Prima era un’osteria classica in cui la gente che veniva con il tipico “fagottello” pieno di coppa o mortadella poteva farsi qualche bicchiere di vino e chiacchierare del più e del meno».



E a giocare a carte…

Sì, infatti abbiamo dei documenti storici originali (me li indica appesi al muro ndr) della Questura di Roma che definivano quali fossero i giochi di carte proibiti e quali quelli leciti. Molti erano considerati d’azzardo, altri invece facevano spesso portare i partecipanti alle mani e anche peggio. Per esempio, si può leggere che erano vietati i giochi del Sette e Mezzo, delle Tre carte, Ramino e Zecchinetta, mentre era legale giocare a Scopa, a Briscola o a Domino.



Chi erano un tempo i maggiori frequentatori del locale?

Si vedevano sempre le stesse facce, che molto spesso erano quelle degli “scalpellini”, gli artigiani che lavoravano il marmo, soprattutto per il cimitero qui vicino. Infatti un tempo in questa zona c’erano solo trattorie e botteghe del marmo ed era tradizione andare a mangiare fuori dopo un funerale, per rendere omaggio alla persona scomparsa e per ritrovarsi con membri della famiglia con cui si erano persi i contatti. Anche la targa di marmo che da sempre è appesa all’entrata del locale (con la scritta incisa Vini finissimi Cucina ottima), sembra che inizialmente fosse per una tomba. Dal palazzo qui di fronte uscivano invece i carri funebri trainati dai cavalli e l’attuale sala del ristorante prima era il fienile.



Come ha visto cambiare la città in tutti questi anni?

Prima erano tutto più spensierato, più allegro, mentre oggi lo stile di vita del cittadino è più frenetico e stressante. Sempre meno famiglie vengono a pranzo o a cena, sostituite da coppie o gruppi di ragazzi. I clienti abituali sono pochi, e quelli che venivano due volte a settimana ora vengono una volta al mese. Oggi si limita tutto al sabato o alle occasioni particolari e spesso, sempre a causa di uno stile di vita differente, si mangiano sempre le stesse cose.

In che senso?

Per esempio vedo molti ragazzi che mi chiedono con cosa sia fatta la pasta all’amatriciana, oppure gli ingredienti dei rigatoni con la pajata, e una volta elencati già posso immaginare che non li prenderanno (per la pajata si utilizza l’intestino di manzo o d’agnello). Credo che molti piatti della tradizione stiano a poco a poco scomparendo dalla conoscenza comune, e molti neanche li facciamo più proprio perché non conosciuti, come le zampette di maiale bollito o le zuppe, che prima venivano servite tutti i giorni.

Oggi cosa proponete della tradizionale cucina romana?

Abbiamo sempre la coratella con i carciofi, la pasta e fagioli e la pasta con i broccoli, tanto per dirne qualcuno, e cerchiamo di alternare molti piatti ogni giorno, a differenza di un tempo.

Cosa intende dire?

Prima c’erano i piatti del giorno: si cominciava il lunedì con il brodo, poi la pasta con i broccoli il martedì e quella con i fagioli il mercoledì, giovedì gnocchi, venerdì zuppa di verdure e pasta con il pesce, e sabato trippa. Sfortunatamente questa tradizione si è persa nel tempo e ora la gente vuole assaggiare un po’ di tutto ogni giorno.

Come è cambiato il quartiere di San Lorenzo?

Ricordo quando verso le 9 di sera si svuotava completamente e in giro non c’era un’anima. Ora è esattamente l’opposto e, nonostante faccia piacere vedere tanta gente in giro, il quartiere è diventato più caotico e disordinato. Prima si temeva a lasciare la propria macchina in una via perché non ci passava mai nessuno, ora bisogna sbrigarsi per accaparrarsi un posto.

Meglio prima o meglio oggi?

Sinceramente non saprei dirlo. Forse prima era tutto più semplice, più genuino e c’erano maggiori possibilità di garantirsi una vita migliore. Oggi non è più così, comunque non è il caso di lamentarsi…

(Claudio Perlini)   

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