In autunno lo vedremo tra i protagonisti del primo film italiano in 3-D (Box Office 3-D, per la regia di Ezio Greggio), mentre a fine marzo dell’anno prossimo riporterà in scena a Milano La ricotta di Pier Paolo Pasolini, ma per molti italiani Antonello Fassari è il volto di Cesare Cesaroni, uno dei personaggi principali de I Cesaroni: una fiction che ha ottenuto un grande successo di pubblico e che, grazie anche alla partecipazione di Claudio Amendola e Max Tortora e all’ambientazione nel popolare quartiere della Garbatella, ha portato una “fetta” di Roma nelle case di molti italiani. Il cinema e la tv sono molto legati alla Capitale e del resto lo stesso Fassari ci spiega che «nel corso di tutti questi anni, ormai 30 di “servizio” per quel che mi riguarda, il cinema è stato capace di scoprire quartieri nuovi dove girare. E io ne ho visti tanti, a volte belli, altre brutti. Non sono rimasto fermo alla Roma del centro».



In effetti, I Cesaroni ha mostrato un lato interessante di Roma: quello di una Garbatella che è una sorta di città dentro la città, dove tutti si conoscono e vivono il loro quartiere. Ma è realmente così il quadro dei rioni e delle periferie della Capitale?

Assolutamente sì. Basta pensare che quando uno dice Roma dice anche Trastevere, piuttosto che Parioli o Rione Monti. Roma è molto “quartiero-centrica”, anche perché è tipico di ogni quartiere avere la sua piazza, il suo punto di ritrovo. La Garbatella, in particolare, pur essendo nata tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, ampliata poi durante il fascismo, è anche un esempio importante di architettura delle case popolari. Così come i dintorni di piazza Euclide, zona molto signorile dove si sviluppa il quartiere dei Parioli, sono formati da tantissime palazzine nate come case popolari. Se uno ci pensa bene, nonostante siano di un secolo fa, questi quartieri sono dei veri gioielli, soprattutto se paragonati al modo con cui oggi si costruiscono le case popolari.



Perché, come sono?

Oggi sembrano più dei quartieri “dormitorio”, con palazzi enormi, senza piazza, né strada principale, cioè tutto quello che permette altrove un’aggregazione, uno stare insieme. C’è poi una caratteristica peculiare della Garbatella, che la rende diversa da altri quartieri, come, ad esempio, Trastevere.

Di che cosa si tratta?

Finora gli abitanti si sono passati la casa di generazione in generazione, quindi sono pochissime le persone che sono arrivate dall’esterno del quartiere. Trastevere, invece, è per metà ormai in mano ai turisti, come altri quartieri. Questo non vuol dire che abbiano perso la loro identità, anche perché la storia di Roma è più che bimillenaria, ma sono diventati più “turistici”, mentre la Garbatella conserva un modo di vivere, di stare insieme molto romano.



 

Ci sono altri quartieri di questo tipo a Roma?

 

Testaccio, ancora per metà, è rimasto un po’ così, anche se è pieno zeppo, decisamente in maniera eccessiva, di locali. Di altri quartieri del genere, tra quelli “storici”, non ne sono rimasti mica tanti.

 

Un aspetto che emerge da I Cesaroni, pensando anche al personaggio di Antonio Barilon (interpretato da Giancarlo Ratti), un veneto trapianto a Roma, è il fatto che la Capitale sembra capace di conquistare chiunque vi arrivi, un qualcosa che rende possibile a suo modo un’integrazione.

 

Beh, siamo stati i primi al mondo a realizzare un’integrazione già durante l’Impero romano. A parte la battuta, diciamo che questo è il pregio, e per alcuni il difetto, di Roma. Nel senso che è vero che Roma è capace di accogliere molto facilmente chiunque, ma chi viene da fuori nota però che i rapporti interpersonali possono rimanere più superficiali. Non accade, come si dice di altre città, che ci si impiega tanto per diventare amico delle persone del posto, ma una volta che ci si è riusciti si resta amici per tutta la vita. Al di là dei luoghi comuni, Roma è comunque una città di tutti, su questo non c’è dubbio. Del resto io stesso non sono un romano di sette generazioni, dato che sono romano-napoletano-inglese-siciliano-ciociaro. Sono nato a Roma, i miei ci vivevano già pur non essendoci nati, e per questo già sono romano. Questo vale per moltissimi cittadini, dato che i romani di sette generazioni non si trovano più da nessuna parte.

 

Se è per questo nemmeno i milanesi di sette generazioni sono così comuni.

 

È vero, ma c’è una differenza. A Milano le diverse comunità, per esempio quella pugliese che è numericamente importante, tendono molto a conservare la propria identità, mentre a Roma tendono invece un po’ a perderla. E questo a favore, però, di un’integrazione, secondo me, più riuscita, perché non è che poi uno è più romano dell’altro. Tutti sono romani comunque.

 

Ma quali sono, a suo modo di vedere, i pro e i contro di Roma?

 

Il contro principale è il traffico. Considerando che Roma è fatta e si è sviluppata a cerchi e che ormai non c’è soluzione di continuità tra la città, i Castelli e Ostia, siamo diventati ormai tanti cittadini della Capitale. Il che vuole dire molte macchine che si spostano, spesso da periferia a periferia, perché non tutti lavorano in centro. Inoltre, tantissime coppie per questioni economiche vanno a vivere nell’hinterland. Quella del traffico sta quindi diventando un’emergenza enorme, che nessuno purtroppo riesce a risolvere. Probabilmente anche perché, avendo un centro storico così grande e stratificato, non c’è razionalità nel costruire le strade. Del resto, abbiamo ancora le vecchie consolari dell’epoca imperiale. Come pro c’è invece il fatto che se uno ha voglia di fare il turista, anche da romano, è veramente molto piacevole mettersi a passeggiare a piedi per la città di mattina.

 

Perché proprio di mattina?

Perché a quell’ora anche i quartieri più turistici hanno i loro mercati, che a Roma sono ancora popolari, non come in altre città dove c’è addirittura la “boutique della frutta”. Da noi si trovano ancora i contadini che portano i prodotti dalla provincia. Ancora è rimasta questa tradizione peculiare di Roma: da sempre si è nutrita con quello che portavano le persone dalle campagne. E la mattina camminare per la città è bello. Lo dico, perché, nonostante sia romano, cerco di impegnarmi da sempre a cercare cose che non ho ancora visto.

 

Ci sono quindi dei piccoli gioielli nascosti in una città già ricca come Roma?

 

Sì. Roma è una città bella, piena di storia. Spesso, però, succede che ne sanno più i turisti che i suoi abitanti. Questa città è capace di lasciarti sempre senza fiato, con tante cose ancora da vedere. Recentemente, per esempio, ho fatto un itinerario che mi ha portato all’acquedotto dell’Acqua Vergine, che è ancora funzionante: una visita che conduce sottoterra, una cosa meravigliosa.

 

C’è qualche aspetto di Roma o dei romani che, secondo lei, siete riusciti a trasmettere meglio attraverso I Cesaroni?

 

Questo non so dirlo con precisione. Quello che mi ha colpito è stato il successo ottenuto anche al Nord: una cosa un po’ insolita per una fiction così caratterizzata, così romana. Non credo che la famiglia “romana” sia esattamente quella che descriviamo noi. Anzi, credo che la bravura degli sceneggiatori sia stata quella di mostrare le contraddizioni che ci sono oggi nelle famiglie e nello stesso tempo le difficoltà di crescere i figli, di stare al passo con le loro attese. Credo che siano tratti comuni degli italiani, non solo dei romani. La fiction funziona non perché siamo alla Garbatella, ma perché le strutture narrative sono universali. Noi come romani possiamo essere forse più comunicativi, se non altro perché la commedia romana, per una sua storia, può aiutare meglio a veicolare il tema della famiglia e tante altre cose.

 

Forse una parte del merito del successo è però anche dei siparietti tra Amendola, Tortora e lei.

 

Questo, che noi chiamiamo “il trio”, funziona bene. I nostri sono caratteri ben precisi, scritti anche bene e tipici della commedia. Alla fine si “pesca” sempre dalle strutture narrative di Balanzone, Arlecchino, Pulcinella, del giovane Lelio, ecc. In fondo io interpreto un personaggio che può essere romano come genovese. In tutta Italia c’è gente che lavora, che ha una bottega, magari ha un amico meccanico e ha i figli che si innamorano. La verità è che i personaggi de I Cesaroni sono calati moltissimo nella realtà. Ma non credo che in questo la realtà romana sia più “reale” di quella torinese, milanese o di un’altra città.

 

(Lorenzo Torrisi)