«Con questo libro il Papa affronta il problema della ragione e della fede che portiamo avanti ormai da duecento anni. Cerca quindi di posizionarsi nella frattura tra sapere e credere che si annida nel cuore stesso della fede, cioè la persona di Gesù». IlSussidiario.net intervista Ignacio Carbajosa, professore ordinario di Sacra Scrittura nella Facoltà di Teologia “San Dámaso” di Madrid, in occasione della presentazione del secondo volume di “Gesù di Nazareth. Dall’ingresso a Gerusalemme alla resurrezione” di Benedetto XVI, al Centro giovanile di Roma.
Nella premessa del libro, Joseph Ratzinger si chiede: «Che significato può avere la fede in Gesù il Cristo, in Gesù Figlio del Dio vivente, se poi l’uomo Gesù era così diverso da come lo presentano gli evangelisti e da come, partendo dai Vangeli, lo annuncia la Chiesa?»: «È proprio questo – commenta Carbajosa – il problema decisivo che il Santo Padre ha voluto affrontare. Non possiamo continuare a pensare che il Gesù dei Vangeli faccia parte unicamente della spiritualità e della devozione, quando dall’altra parte c’è anche tutta la ricerca storico-scientifica. Se questi due mondi restano separati per la fede è la morte».
Su cosa insiste in particolare il Papa?
Sul fatto che l’esegesi, l’interpretazione delle Sacre Scritture, debba essere riconosciuta come disciplina teologica, ma senza rinunciare al suo carattere storico. Articolare queste due dimensioni in modo armonico in un’unica interpretazione biblica è il grande problema metodologico tra gli esegeti, e il Papa cerca di raggiungere questo obiettivo con questo secondo volume.
Perché il Papa sottolinea che questo libro non è un testo magisteriale, ma l’espressione della sua ricerca del volto del Signore?
Scendere “nell’arena” dell’interpretazione dei testi è sempre rischioso, ma il Papa sapeva quale fosse la posta in gioco. Lui non ha scelto di fornirci un’interpretazione personale della vita di Gesù, che avrebbe inevitabilmente lasciato intatto il dualismo tra esegesi scientifica e teologia credente. Per questo Joseph Ratzinger chiarisce fin da subito che non si tratta di un’opera magisteriale e si confronta con le figure più prestigiose e discusse di questa scienza del secolo scorso.
Alla fine riesce a centrare l’obiettivo?
Sicuramente il rischio è valso la pena: il Papa mostra in modo paradigmatico una esegesi in azione, critica e nello stesso tempo teologica che raggiunge il vero oggetto, il Gesù testimoniato dai vangeli, presentato in modo plausibile e ragionevole come il Gesù “storico”. Riesce anche a dimostrare che il contesto più adeguato per l’interpretazione dei vangeli è proprio il luogo in cui nacquero, cioè la vita della fede e la Chiesa.
Cosa significa per un esegeta confrontarsi con questo libro?
Poco dopo aver iniziato i miei studi mi è capitata tra le mani la conferenza dell’allora cardinale Ratzinger del 1988 a New York, (L’interpretazione biblica in conflitto. Problemi del fondamento ed orientamento dell’esegesi contemporanea) poi diventata una pietra miliare del dibattito ermeneutico che da allora è cresciuto tantissimo. Ho subito notato un’impostazione che riusciva ad accogliere tutti i fattori, e mi sono reso conto che con un’esegesi soltanto storica non si poteva arrivare al Gesù, all’oggetto. C’è voluto un grande teologo come il Papa per far capire a tutti gli esegeti, compreso me, un nuovo tipo di ricerca che tenga veramente conto di ogni aspetto, per riconfermare la verità storica e la ragionevolezza del Gesù dei vangeli.
(Claudio Perlini)