“Non siamo di fronte a criminalità organizzata, ma a uno scontro fra bande”. È l’analisi dei vertici del Viminale sulla Roma violenta delle ultime settimane. La riferisce il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, al termine di un incontro con il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, durato circa un’ora. Non ci sarebbe dunque la mano delle mafie dietro i delitti degli ultimi mesi nella capitale, che avevano riportato le cronache ai tempi della banda della Magliana e agli agguati spietati nel cuore della città. Ed è già una buona notizia. Escludere la criminalità organizzata è “un segnale confortante – spiega infatti il sindaco – anche se bisogna fare una valutazione attenta per capire che tipo di rischio abbiamo di fronte”. Proprio per questo verrà aggiornata al più presto la “mappa del rischio” a Roma. L’obiettivo è “verificare l’adeguatezza dei presìdi delle forze di polizia già presenti sul territorio”. Insomma si punta a verificare se ci sono abbastanza poliziotti e carabinieri a dare la caccia ai gruppi criminali che uccidono e feriscono, anche per strada e in pieno giorno. Un modo – per dirla in soldoni – per dislocare al meglio le forze di polizia.
Nella Capitale attualmente operano circa tredicimila agenti, oltre a carabinieri, militari e altre forze dell’ordine. Un numero che non appare certo piccolo. Eppure i risultati, sul fronte del controllo del territorio, sembrano lasciare a desiderare. Per esempio, la notte scorsa, il sindaco Alemanno ha voluto verificare di persona la sicurezza di alcune zone della Capitale. In sella alla sua moto ha così fatto un giro per la città, passando anche nelle zone ad alto tasso di prostituzione. Risultato? “In due ore – ha raccontato il sindaco poche ore prima di recarsi al Viminale – ho incontrato solo due volanti della polizia e una pattuglia dei carabinieri. Troppo poco”.
Ora Alemanno dice di uscire “profondamente confortato” dall’incontro con Maroni. E assicura che dalla riunione “arriva un segnale molto promettente per una svolta sul versante della sicurezza”. Il sindaco si è detto anche convinto che da oggi la città sarà maggiormente garantita. Che vuol dire? A leggerla bene, che la sicurezza non è un problema di numeri, ma di gestione delle forze: “Serve più gente in strada e meno negli uffici”.
Perciò nei prossimi giorni sarà convocata una riunione tecnica di coordinamento interforze, aperta ai vertici degli uffici giudiziari del distretto presso la Prefettura di Roma, per un’analisi approfondita della situazione e delle misure da adottare, che sarà presieduta dal sottosegretario Alfredo Mantovano. “Era quello che chiedevo – ha concluso Alemanno – uno sforzo e una grande attenzione per difendere Roma da assalti presenti e futuri da parte della criminalità”.
Chi ha avuto occasione di confrontarsi con i responsabili delle forze dell’ordine in questi giorni, assicura che parlare di emergenza sicurezza a Roma fa sorridere. Del resto anche i reati a Roma appaiono in calo. Secondo il prefetto Giuseppe Pecoraro, fino al dicembre 2010 c’è stata una riduzione dei reati del 2,18 per cento. E anche per i primi mesi del 2011 si riscontra la stessa tendenza. Pecoraro spiega poi come ci sia stato un leggero aumento (0,5 per cento ) dei “reati predatori” legati alla crisi e di profilo molto basso, mentre gli omicidi volontari si sono ridotti dai 28 del 2009 ai 9 del 2010. Il prefetto assicura insomma che non c’è alcun riscontro che provi che Roma sia sotto il controllo di organizzazioni criminali. Ci sono piuttosto piccole bande che si riforniscono dal mercato della droga, ma sono bande decapitate dalle azioni di polizia. Nessun allarme allora? Il prefetto dice di no: l’unico rischio è quello di infiltrazioni finanziarie, in particolare negli appalti sulle costruzioni e nell’acquisizione di licenze commerciali e immobili.
Non c’è da preoccuparsi, allora? Sono solo episodi “fisiologici”? La violenza è una mala pianta che cresce facilmente. E che trova soprattutto nei giovani terreno molto fertile. In tutti coloro che imparano a considerarla una strada semplice, e obbligata, per cercare di raggiungere più facilmente potere e successo. Ecco perché – come è stato scritto – proprio ai più giovani è decisivo proporre e mostrare un modello diverso, una strada più convincente e più umana da percorrere. E’ un lavoro – e una fatica – che andrebbe riconosciuto e sostenuto anche con maggiore decisione: quello di oratori, parrocchie, associazioni della società civile che si caricano di questo compito.