“A tutti voi buona visione. A me… portatemi il bastone!”. Luisa sorride sorniona al pubblico facendo tintinnare i campanelli del suo berretto da giullare di cartone, godendosi gli applausi; Antonietta lancia la battuta al suo partner in calzamaglia sotto una ghirlanda di rose preraffaellita che la trasforma in un’Ofelia un po’ troppo solare e allegra, ma credibilissima. Siamo alla recita di fine anno (o meglio, di mezza estate; a dicembre è stato messo in scena “Canto di Natale” di Dickens) della Casa di riposo di Via dei Taurini, gestita dalla Cooperativa Siar, nata dall’incontro tra la passione per il teatro di una giovane regista, Maria Assunta Salvatore, la tenacia e lo spirito di iniziativa di Antonia Colombo e, last but not least, la disponibilità a mettersi in gioco degli ospiti.



La locandina parla chiaro; teschio e candela in primo piano annunciano senza ombra di dubbio il superclassico tra i classici, ma già dalle prime scene il pubblico capisce che si tratta di un Amleto semiserio, ampiamente rivisto e corretto in chiave (auto)ironica, in cui i limiti degli attori non vengono nascosti, ma usati come risorse narrative: nel buio della scena iniziale appaiono solo i volti delle  narratrici,  la luce delle torce elettriche sotto il mento fa “parlare” le rughe e amplifica l’attenzione conquistando da subito il silenzio in platea, mentre una scopa infagottata in un lenzuolo ridà vita al fantasma del vecchio re assassinato e l’ansia dei protagonisti  di fronte alla finta pazzia del principe di Danimarca  diventa (talvolta) pericolosamente  reale.



“Avete 80, 90, 99 anni  – esordisce Maria Assunta presentando lo spettacolo – e i problemi non mancano, ma ci siete! Perché non fare le cose, se ci siamo? Perché non vivere intensamente ogni attimo che ci viene regalato? Nessuno si scandalizzerà per i copioni a vista o per le battute… personalizzate”.

Lo spettacolo, continua Maria Assunta (attrice, regista ed esperta burattinaia, da tre anni animatrice, insieme ad Emanuele Camerini, della Compagnia Karibù, nata per ricalcare le orme della nobile e antica tradizione del teatro di figura) è il luogo in cui emerge la verità di ognuno, pazientemente educata, nel senso etimologico di “tirata fuori”, in tante ore di prove, in cui si sono alternate lezioni di ginnastica dolce, lavoro sul testo e montaggio vero e proprio delle scene.



L’Amleto rivisto e corretto dalla compagnia di Via dei Taurini andrà in tournée in altre strutture analoghe, per mettere in guardia il pubblico dal rischio di Essere “e” non Essere, di vivere a metà, accontentandosi di “ammazzare” il tempo o di annegarlo nel lamento e nelle recriminazioni, senza scegliere di vivere l’istante costantemente aperti a una sorpresa imprevedibile.

Il cuore non ha età, in ogni fase della vita vuole essere felice; lo gridano i colori squillanti dei portoni Liberty e Art Decò di Buenos Aires su un poster che rende allegro uno spazio altrimenti banale negli uffici della Casa di riposo; parafrasando C.S. Lewis e le sue celeberrime “Cronache di Narnia”, in ogni momento si possono aprire porte colorate e varchi insperati nel grigiore del quotidiano, basta non restare prigionieri nel reticolato impermeabile dei propri schemi e delle propria (interiore, non anagrafica) vecchiezza.

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