«Il Matching è un evento estremamente interessante, sia per la sua fama che per l’esperienza maturata negli anni a Milano. Per questo abbiamo accolto con piacere l’invito della Cdo, che ha voluto realizzarlo a Roma». Parola di Mauro Mannocchi, Presidente di Confartigianato, intervistato da IlSussidiario.net. «L’elemento che ci ha colpito di più è la facilità con cui passano le informazioni. Può sembrare scontato, ma non è così. Roma ne ha davvero bisogno e per questo molte imprese di Confartigianato hanno deciso di partecipare».
Quali sono le vostre aspettative per questo evento?
Sarà una grande opportunità per le imprese di fare conoscenza, di confrontarsi. Uno scambio utile che può incidere sulle reciproche produzioni. Potranno nascere nuove sinergie, collaborazioni che potranno promuovere anche il nostro territorio.
Come Camera di commercio abbiamo anche assunto l’impegno di creare una nuova società che si occupi di internazionalizzazione. Siamo convinti che proprio grazie a Matching potremo svilupparci ancora di più.
Come si colloca la realtà di Confartigianato di Roma e del Lazio rispetto a quella delle altre regioni italiane?
Paradossalmente le grandi aree metropolitane sono quelle più difficili da penetrare per un’associazione come la nostra. C’è infatti una grandissima dispersione ed è più difficile creare una realtà identitaria come può accadere invece nelle province piccole. Personalmente ho assunto questo ruolo da due anni e posso dire che la nostra associazione in precedenza non era molto presente e non all’altezza del brand che rappresenta.
Ora stiamo lavorando con soddisfazione, ma siamo ancor lontani da un progetto di ricollocazione complessiva. Abbiamo raggiunto obiettivi importanti, abbiamo promosso delle azioni nei confronti dell’amministrazione capitolina, ma c’è ancora molto da fare. Non esistono soluzioni preconfezionate per un territorio vasto come l’area metropolitana romana.
Come vive la vostra associazione il momento di crisi che stiamo attraversando?
Come associazione abbiamo registrato un modesto trend di crescita, ma siamo molto preoccupati. I nostri associati, piccola e media impresa, soffrono un momento terribile. Quella che stiamo vivendo non è una crisi tipica, è una crisi rivoluzionaria di cui conosciamo l’inizio, ma non la fine. Il 2011 sarà l’anno più terribile. Le piccole imprese infatti per ora hanno resistito perché non hanno tagliato il costo del lavoro, che ha una funzione diversa rispetto alla grande impresa. E hanno resistito sopratuttutto perché fanno uso di manodopera specializzata. È chiaro però che alcune di queste aziende non ce la faranno.
Da dove ripartire?
La crisi è indotta indubbiamente da fattori internazionali, ma c’è anche una mancanza di iniziativa da parte italiana. La politica non ha ben compreso che ci vuole una mediazione più profonda sul modello di sviluppo. Credo che trovare qualche soluzione verso l’export possa essere di utilità, permetterebbe di avere qualche rimedio immediato. La battaglia vera però è sulla gestione delle risorse che sono concentrate sui consorzi, l’unico strumento che riesce ancora a sostenere le nostre imprese.