L’emendamento inserito nell’assestamento di bilancio della Regione Lazio continua a far discutere, e la paura maggiore è quella di assistere a dei “nidi-pollaio”: la norma prevede infatti la riduzione dello spazio minimo per bambino negli asili, che da 10 passa a 6 metri quadri. Nello stesso articolo di legge, il numero 4, viene modificato anche il rapporto numerico minimo tra educatori e bambini che, da un insegnante ogni 6, passa a uno ogni 7. Le educatrici dell’Usb, l’Unione sindacale di base, non ci stanno e hanno deciso oggi di accogliere i piccoli fasciate a lutto per protestare con le nuove norme regionali. Secondo l’Usb esiste il rischio che, in un nido che normalmente può accogliere 60 bambini, ne verranno invece stipati 100, rendendo così impossibile l’intervento educativo e provocando una riduzione delle opportunità di relazioni e di apprendimento dei bambini, soprattutto di quelli più in difficoltà. Completamente di diverso avviso l’Assessore alla Famiglia, all’Educazione e ai Giovani di Roma Capitale, Gianluigi De Palo che, nell’intervista per IlSussidiario.net racconta di aver fatto visita a diverse strutture questa mattina nella giornata inaugurale dell’anno educativo 2011/2012: «La protesta non c’era sia nelle strutture che ho visitato questa mattina ma anche in altre, e si concentrata in appena quattro o cinque nidi al massimo. Una protesta che comunque resta decisamente diseducativa, perché è naturale porsi il problema ed esprimere le proprie opinioni a riguardo, ma mettere una fascia a lutto che necessariamente comunica qualcosa ai bambini e alle loro famiglie, non credo sia il massimo per dei bambini che rientrano dalle vacanze e che si pongono costantemente delle domande: credo quindi che si poteva avere più fantasia. Queste persone protestano perché è cambiata la legge regionale, il rapporto tra educatori e bambini è cambiato da uno a 6 a uno a 7,  e loro mettono le mani avanti dicendo in maniera terroristica alle famiglie con comunicati stampa e quant’altro che, in un asilo di 60 bambini, potrebbero essercene anche cento. Anche razionalmente, chiunque potrebbe mettersi a fare due calcoli e capire che 60 bambini diviso 6 fanno dieci educatori, quindi comunque a dieci educatori potranno corrispondere al massimo un bambino in più, che da 60 diventerebbero quindi 70. Io mi chiedo: dove sono questi 100 bambini di cui tanto si parla? Come si è potuti arrivare a questa cifra? Inoltre bisogna tenere conto dei metri quadri per bambino, quindi o le strutture precedenti erano troppo più grandi rispetto ai bambini, oppure quello che si sta dicendo in questi giorni è surreale.



Dobbiamo dire in maniera chiara e forte la verità, cioè che è iniziato un confronto con i sindacati, e dopo ieri ci siamo aggiornati a mercoledì. C’è una legge regionale che deve essere necessariamente applicata, e cercheremo in base ai numeri e alle valutazioni che stiamo facendo, di arrivare ad una soluzione che possa essere il più possibile condivisa e che tenga presente del bene dei bambini, delle famiglie e dei lavoratori». Chiediamo quindi all’Assessore De Palo qual è in questo momento l’impegno di Roma Capitale nel settore educativo e scolastico: «Roma Capitale spende per asili nido e scuole per l’infanzia 486 milioni di euro all’anno, e non mi sembra che questo significhi tagliare. Anzi, cerchiamo di mostrare sempre più che l’educazione e le politiche familiari hanno un’importanza strategica. Roma ha in media il contributo delle famiglie più basso rispetto a qualsiasi altra città d’Italia: nella capitale una famiglia spende 146 euro, a Milano 232, a Torino 390. Per la prima volta siamo arrivati ad oltre 21 mila bambini nelle nostre strutture, per quanto riguarda la capienza dei nidi e, come già detto, stiamo cercando una soluzione per garantire il bene di tutti. Ma se guardiamo il trend delle altre regioni, vediamo che in Emilia Romagna siamo a uno a 8, come anche in Toscana, Lombardia e Molise, mentre a Roma sembra che queste cose siano impossibili. Credo che la cosa migliore da fare sia trovare la soluzione migliore, ma accettare anche il fatto che c’è una legge e bisogna lavorare in tal senso».



 

(Claudio Perlini)

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