Gunther Von Hagens: persino il nome degno di un protagonista di un film horror, sembra studiato ad arte per incutere terrore. Il personaggio in questione è l’inventore di una mostra che in Germania ha avuto un successo straordinario e che ora approda a Roma alle Officine Farneto. Il titolo della mostra lascia solo presagire quello di cui si tratta: Body Worlds – Il vero mondo del corpo umano. Von Hagens ha creato delle sculture con veri pezzi di corpo umano plastinati e assicurandosi una riserva di “materia prima” grazie alla disponibilità di 13mila donatori. In sostanza Von Hagens è uno “scultore” di cadaveri, avendo messo a punto un sistema che, come recita il comunicato stampa, «permette la conservazione dei corpi umani tramite la sostituzione dei liquidi con dei polimeri di silicone. Questa tecnica rende i reperti organici rigidi ed inodori, mantenendo inalterati i colori».



La mostra è stata al centro di un fenomeno di frenesia collettiva in Germania, con enormi folle accorse per vedere le opere dello scultore che “sbuccia i cadaveri” com’è stato ribattezzato Van Hagens. A Roma staremo a vedere. Contiamo sul buon gusto italico e sulla minor predisposizione al sadismo del nostro popolo…



Oggettivamente siamo di fronte a un fenomeno grottesco, di una necrofilia un po’ da baraccone. Ma dietro questa apparenza un po’ da parco a tema, da Disneyland da obitorio, ci sono anche risvolti inquietanti. Il primo riguarda questa sorta di profanazione che viene fatta dei corpi umani. È una violenza gratuita quella che viene perpetrata, pur con il consenso degli (ex) interessati. Il secondo invece è questa sorta di ridicolizzazione in salsa hollywoodiana del dramma della morte. Non è certo la prima volta che i morti diventano soggetti e protagonisti di una rappresentazione: basti ricordare i tanti Giudizi Universali, o le bellissime Danze della morte dipinte sulle chiese del Nord Italia. Per avvicinarci alla forma scelta da Von Hagens, possiamo ricordare anche lo straordinario cimitero dei Cappuccini di Palermo, un luogo dove sconcerto e orrore inducono alla fine a un sentimento di pietà.



Erano rappresentazioni della morte che non risparmiavano nulla della crudezza della stessa, ma che si legittimavano come meditazione forzata, come choc salutare perché gli uomini si ravvedessero delle loro malefatte.

Il gioco di Van Hagens invece è del tutto gratuito, perché non è mosso dall’obiettivo di suscitare sentimenti e domande nel visitatore, ma solo per sollecitare istinti e quella vena da guardone che ciascuno, poco o tato, si porta dentro. I cadaveri plastinati son oggetti da circo che al primo sguardo mettono un po’ di brividi per la schiena, ma che già al secondo sguardo scadono in banalità. L’Ikea del post mortem lo ha ribattezzato Gianluca Nicoletti. Ci sembra una formula azzeccata, con tante scuse per Ikea.