El Israel è un etiope di 39 anni. Vive a Roma. Ed è davvero innamorato. A giugno, per fare un omaggio a sorpresa alla sua bella, aveva colto qualche fiore di oleandro, in un’aiuola nei pressi di via Cavour. Possiamo immaginare che non avesse in tasca quei soldi in più da spendere da un fiorista. Possiamo immaginare che sia stato preso da un dolcissimo raptus amoroso. Peccato per lui che nelle vicinanze ci fossero due solertissimi poliziotti che lo hanno denunciato per «danneggiamento aggravato». La vicenda in sé è grottesca e non merita neanche di sprecare un commento: c’è solo da sperare che un residuo di buon senso porti a una chiusura rapida e indolore della pratica giudiziaria.



Anche perché un gesto così invece di una denuncia avrebbe meritato una menzione di merito. E provo a spiegare perché. A Roma e non solo a Roma i segni dell’amore fanno breccia nella consuetudine di attaccare lucchetti in luoghi topici. Una moda innocente nata sull’onda del successo dei libri di Moccia. Ma è un simbolo che ha in sé un non so che di tristezza. Il lucchetto più che sancire un amore lo chiude in una camicia forzata: non per niente si buttano poi via le chiavi. Lo blocca in quella fase germinale per timore di tutto quello che poi potrà accadere, degli sfilacciamenti che inevitabilmente ci saranno. È come una promessa di fedeltà sopra le righe, che non vuole fare i conti con la baldanzosità sana e incostante di un cuore giovanile. Il lucchetto poi simbolizza un rapporto esclusivo, geloso. Una chiusura a scatto che tiene i due sottoscrittori in un guscio, dentro un mondo a parte.



Tutto opposto invece il gesto che ha portato El Israel ai confini della legalità. Un gesto d’impeto in cui ha associato in modo semplice e istintivo una cosa bella a un’altra cosa bella: il fiore d’oleandro e la sua ragazza. Un gesto da film, che diventa un gesto d’applausi se calato a sorpresa dentro la routine di una grande città. L’amore dichiarato attraverso un lucchetto è un amore chiuso. Questo dichiarato in mezzo a una via trafficatissima è un amore aperto. Dichiarato davanti alla città, come se si volesse regalare a tutti un po’ della propria felicità.

Qualche giorno fa nella città in cui vivo sono stato testimone di un episodio di tenore simile. Ero a un semaforo e un venditore di fiori che si attirava i soliti sguardi cagneschi degli automobilisti, venne invece chiamato dal viaggiatore di un autobus, anche lui straniero, che si era sporto dal finestrino e aveva già la moneta pronta. Voleva un fiore da regalare, con un gesto teatrale e a sorpresa alla sua bella, che viaggiava con lui sul sedile a fianco. Abbiamo sorriso tutti: il venditore, lui, la sua ragazza e anche io spettatore sorpreso.  Vien davvero voglia di lanciare una proposta: fiori liberi per tutti gli innamorati.