Sto viaggiando in treno da Milano a Roma. Poco prima ho camminato per andare in Stazione Centrale dal mio albergo. In entrambe le situazioni mi sono guardato intorno e mi sono chiesto: questa gente che cammina, che va al lavoro, che si sposta e viaggia per lavoro, per affari o per diletto e turismo, questo popolo crede davvero nella secessione della Padania?



Gianni Brera, uno dei più grandi giornalisti e scrittori italiani del secolo scorso, negli anni Sessanta definiva in modo poetico la Padania il territorio che ai tempi di Catone corrispondeva alla Gallia Cisalpina. Al tempo in cui collaborava con Canale 5, nella indimenticabile trasmissione “Dovere di cronaca”, condotta dal mio vecchio maestro Guglielmo Zucconi, durante una cena con tutti noi giovani giornalisti di quella redazione, avendo saputo che il mio cognome proveniva dalle risaie della Lomellina, alzò il bicchiere di vino brindando al “nostro giovane Gallo”.  Tempo fa, un vecchio barista di Roma, città dove da anni vivo, mi disse: “Ecco un buon caffè per il nostro Gallo”. Toni scherzosi, un po’ di sano campanilismo, una pacca sulle spalle e via al lavoro, come sempre.



Dov’è il popolo sovrano che certamente sta sopra a tutto, anche alle istituzioni più rappresentative, anche al di sopra del Quirinale, come ha pontificato il senatore leghista Reguzzoni? Quel popolo di cui parlano sempre Bossi, Bricolo, Cota, Calderoli e compagnia verde? Guardo le facce della gente al mercato di piazza Wagner a Milano e di un qualsiasi altro mercato rionale di Roma. Osservo i volti, i gesti, ascolto le chiacchiere (perdonate l’intromissione nel vostro privato ma è a fin di bene), dei cittadini sulle metropolitane, sui meravigliosi tram milanesi, nei lunghi corridoi del Palazzo di Giustizia di Milano che sono tornato a frequentare per ragioni di lavoro.



Presentando un libro sono stato in varie regioni d’Italia, anche nel ricco Nord e nel famoso Nord Est, così come a Torino e in Liguria. In vacanza vado in Maremma e trascorro ore d’incanto con gente contadina che ha tante cose importanti da dire, tanta esperienza di vita da raccontare e tanta sacrosanta indignazione per come le cose in questo pur meraviglioso Paese sembrano non dover mai funzionare come Dio comanda.

Questo è il popolo, l’insieme di donne e uomini italiani, ormai, soprattutto in città come Milano, così intrinsecamente mischiati tra autoctoni ed immigrati di antica generazione che gli accenti si confondono e i dialetti originari si imbastardiscono, a volte con effetti perfino divertenti.

La Padania è una sciocchezza e i primi a saperlo sono i propugnatori di tale scempiaggine culturale, prima ancora che politica. E che il Capo dello Stato debba intervenire  per ribadire che l’idea secessionista è fuori dalla realtà perché antistorica è disdicevole. Di questi grami tempi forse il Colle ha altro di cui preoccuparsi.

La colpa è anche nostra, di noi giornalisti. Alla continua ricerca di parole per mettere giù il nostro quotidiano compitino diamo voce e visibilità anche a inutili e fastidiose chiacchiere. Sfido chiunque a dimostrarmi che in un qualsiasi bar del Nord oggi si rifletta sulla eventualità di armarsi e combattere per la secessione della Padania, territorio di cui nessuno sa recitare i confini geografici. Al più sentirete discussioni accese sul crollo della mia Inter sul sintetico di Novara!