Roma. Madaleine Crawley, ragazza australiana di 24 anni, è morta giovedì mattina poco prima delle 8, dopo essere arrivata in arresto cardiocircolatorio all’ospedale San Pietro di Roma, in zona Cassia. La giovane, arrivata nella capitale una settimana fa, alloggiava con degli amici nel camping Seven Hills, situato in una pineta sulla via Cassia, zona La Giustiniana, e la sera prima del decesso aveva partecipato a quella che doveva essere la festa di fine vacanza per tutto il gruppo di studenti, nel corso della quale sembra abbia assunto un mix di alcol e oppiacei che le è stato fatale. Insieme alla ragazza si è sentita male anche una sua amica di 20 anni che fortunatamente, dopo una lavanda gastrica, è ora ricoverata in codice verde. Sono stati inutili invece i tentativi di rianimazione per Madaleine che si è spenta poco dopo. Gli investigatori hanno effettuato un sopralluogo nel camping, molto conosciuto tra i turisti, dove hanno ascoltato gli amici della vittima e i responsabili della struttura per capire come si sia svolta la serata e in che modo la ragazza sia entrata in possesso della droga, e ora bisognerà attendere l’esito dell’autopsia per chiarire le cause della morte della giovane australiana. IlSussidiario.net ha chiesto a Mario Pollo, Professore di Pedagogia Generale e Sociale della Facoltà di Scienze della Formazione della Lumsa di Roma, di commentare la notizia:«Il fatto di trovarsi in un certo contesto con amici connazionali e essere lontani dai controlli abituali del proprio ambiente sociale sono i fattori che fanno pensare che questa tragedia sarebbe comunque potuta avvenire anche in Australia. Lo “sballo”, con cui intendo il raggiungere uno stato di alterazione di coscienza, di un’estasi dionisiaca, consiste spesso nel cercare di superare la separazione dell’io con il mondo, con la realtà, e anche con gli altri, in una sorta di stato confusionale. E’ una situazione, quindi, in cui si dissolve il confine con la coscienza e questo tipo di ricerca di estasi nasce normalmente anche quando le persone hanno difficoltà a trovare nella relazione cosciente con gli altri quella autenticità della condivisione e dell’unione profonda. Inoltre può capitare anche perché le persone non riescono a trovare nella loro vita ordinaria e quotidiana ciò che dà senso alla loro esistenza, ciò che in qualche modo la organizza, la ordina e così si cerca di trovare un significato in ogni gesto. In base anche alla mia esperienza, ho sempre visto ragazzi che cercavano nel sabato notte o in altri momenti questo tipo di eccitazione, mentre quando poi scoprivano qualcosa nella loro vita capace di riempirla di senso, senza nessuno sforzo abbandonavano quelle abitudini e sono passati a stili di vita in cui non c’è bisogno di obnubilare la coscienza per raggiungere questi stati confusionali.



Per esempio, ricordo la storia di un ragazzo di Torino che, nonostante un suo caro amico fosse morto di overdose, continuava a “sballarsi” frequentemente: a un certo punto, un giorno lavorò per curiosità in un gruppo che faceva volontariato a favore dei bambini di Cernobyl e in pochissimo tempo lasciò quel vecchio stile di vita per assumerne uno nuovo in cui non c’era più spazio per lo “sballo”. Il suo quotidiano ha trovato un orizzonte di senso che prima non aveva, e molto spesso la ricerca del dionisiaco si può tradurre in una ricerca di senso che il quotidiano non riesce a dare. Poi c’è naturalmente anche una sottovalutazione dei rischi e dei pericoli di certe sostanze e droghe, quindi una certa ignoranza che può rivelarsi anche fatale». Soprattutto nel corso dell’estate abbiamo però assistito a casi di cronaca che vedevano protagonisti turisti stranieri nel centro di Roma alle prese con alcol, risse e droga. Eventi che, insieme ad altri, hanno portato il sindaco Alemanno a decidere per l’entrata in vigore delle tante ordinanze restrittive che tutti i cittadini romani ormai conoscono bene. Sembra però che ormai i giovani turisti considerino la città la “capitale dello sballo”, e il professor Pollo ci spiega che «una vecchia teoria di uno studioso dice che uno dei fattori che induce alla dipendenza dalle droghe è il trovarsi in alcune aree dove c’è un’abbondante offerta o la possibilità di acquisire facilmente queste sostanze. Andando oltre a questa teoria ormai passata e tornando ai nostri giorni, se in una città ci sono delle aree dove vive questa sottocultura  in cui c’è la possibilità di accedere alle sostanze in un contesto che oltretutto non stigmatizza il loro uso, è chiaro che quelle persone che hanno un certo tipo di problemi personali e bisogni particolari trovino una risposta alle proprie attese. Quindi anche nel turismo, accanto agli itinerari, alle mappe dei monumenti e delle opere d’arte, sta certamente comparendo la mappa dei luoghi della trasgressione e dello sballo».



 

(Claudio Perlini)

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