Il vandalo seriale che nell’arco di tre ore ha danneggiato prima la Fontana del Moro a Piazza Navona, per poi lanciare un sanpietrino contro quella di Trevi è ancora ricercato e le autorità fanno sapere che si tratta di uomo quasi completamente calvo, alto circa un metro e settantacinque, con jeans, maglietta e scarpe da ginnastica. Intorno alle 8 di mattina il teppista si è avvicinato al primo obiettivo, la Fontana del Moro in una piazza Navona ancora semi deserta, si è arrampicato sul monumento e ha cominciato a colpire con violenza le figure in marmo ai lati di un mascherone con un sasso che portava con sé. Dopo dieci colpi e numerosi danni, il vandalo si è dato alla fuga dopo aver visto avvicinarsi una pattuglia della polizia municipale. Passano appena tre ore e l’uomo torna all’opera, questa volta contro la Fontana di Trevi, con la stessa modalità: sale sul monumento e lancia un sanpietrino, che fortunatamente finisce in acqua senza danneggiare la fontana. Il sindaco di Roma Capitale Gianni Alemanno si dice indignato, e definisce questo episodio “un atto vandalico demenziale e una vera e propria offesa alla nostra città”. Anche Umberto Broccoli, Sovrintendente ai Beni culturali di Roma Capitale, parla del danno come dell’opera dei “soliti idioti”, mentre  Giorgio Ciardi, delegato alla sicurezza, rassicura: “L’atto vandalico non ha colto di sorpresa il sistema di sicurezza di Roma Capitale. Le telecamere di sorveglianza hanno immediatamente allarmato la sala operativa della Sovrintendenza comunale e in pochi secondi una pattuglia della polizia di Roma Capitale, già presente sull’altro lato della piazza, si è mossa verso la fontana”.



Ma è polemica sulla sicurezza a Roma, e il segretario Pd di Roma, Marco Miccoli, afferma che “nella capitale di Alemanno non esistono più regole”. IlSussidiario.net ha chiesto allo psicoanalista Luigi Ballerini quali sono i fattori che possono portare un uomo a decidere di danneggiare un monumento così importante in un luogo così celebre e costantemente controllato da telecamere come piazza Navona. Inoltre cerchiamo di mettere a fuoco la premeditazione che traspare da questo gesto, al contrario di altri atti vandalici visti in passato da parte di adolescenti annoiati che non sapevano come meglio trascorrere la serata: «Capire i motivi di questi gesti non è mai facile – siega Ballerini -, soprattutto se non si conosce il soggetto, però si possono fare delle ipotesi. Potrebbe naturalmente esserci un certo esibizionismo, un desiderio di raggiungere una specie di celebrità attraverso un fatto eclatante, che porta quindi ad essere riconosciuto e a richiamare l’attenzione mediatica. Tutto questo, che per molte persone rappresenta un rischio, per altri soggetti invece è qualcosa di eccitante e spesso può anche manifestarsi la voglia di essere scoperti. In questo gesto vedo poi anche dell’invidia, che non significa solo desiderare ciò che ha un’altra persona, che in questo caso è ciò che hanno tutti, cioè godere della bellezza di una fontana così grandiosa. Sembra quasi esserci la volontà di negare tutto ciò alle altre persone, per cui in questa sottrazione e in questo danneggiamento ravvedo anche molta invidia.



Un’altra ipotesi potrebbe essere quella di un soggetto sotto effetto di alcol o droga che inconsapevolmente ha deciso di fare una sciocchezza, anche se il fatto che quest’uomo avesse con sé un sasso alle prime ore del mattino fa pensare ad una premeditazione. Sembra quasi che il vandalo abbia organizzato una sorta di “caccia” nei confronti di sé stesso, spostandosi in diversi punti e sperando che la ripetitività dell’atto gli dia risonanza e probabilmente anche un po’ di soddisfazione personale».

Luigi Ballerini è inoltre convinto che il vandalo «non si fermerà, perché prima o poi vuole essere scoperto. Non c’è bisogno di aver paura di non arrivare a conoscere la sua identità perché in qualche modo assisteremo all’epilogo in cui deciderà finalmente di farsi catturare. Speriamo solo che possa essere fermato prima che abbia la possibilità di danneggiare altri preziosissimi monumenti della capitale».



 

(Claudio Perlini)

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