I romani hanno il senso dell’umorismo. Devono, quindi, correre al Teatro dell’Opera dove dal 18 gennaio sarà in scena “Candide” di Leonard Bernstein. E’ la prima volta che l’opera viene rappresentata nel maggior teatro della capitale, ma una quindicina di anni fa Jeffrey Tate ne ha offerto un’ottima edizione in forma di concerto (con June Anderson nel ruolo della protagonista) all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e nel 2003 l’Opera Pacific della California del Sud ne ha portato, nel’ambito di una tournée in Europa, un pregevole allestimento (con scene, costumi, orchestra e ballerini) al Teatro Argentina.
Nell’ambito di una seria politica di efficienza, la commedia in musica che si vedrà a Roma viene dal San Carlo di Napoli dove si è vista nel 2007. L’allora Sovrintendente del teatro partenopeo , Gioacchino Lanza Tomasi, nell’introdurre il cartellone della stagione, non aveva mancato di sottolineare che la messa in scena di “Candide” era in polemica con la destra in quanto il lavoro sarebbe una denuncia del maccartismo e di tutte le altre forme di anti-comunismo. Primo lapsus : l’opera ha debuttato a Boston il 29 ottobre 1956 quando l’ex-senatore Joseph McCarthy stava morendo di cirrosi epatica ed era già stato estromesso dalla politica americana da due anni (quando il Comitato per le Attività Anti-Americani della Camera dei Rappresentanti, da lui presieduto era stato sciolto e lui stesso condannato). Il primo abbozzo di “Candide” risale al febbraio 1955, quando il maccartismo era sepolto. In effetti, l’opera (che segue i canoni settecenteschi ma fonde arie di coloratura con tango, valzer, ritmi afrocubani e dodecafonia) segue abbastanza fedelmente il romanzo di Voltaire e prende in giro tutti i Governi e tutti i governanti che presentano il loro come il migliore dei mondi possibili. Quindi, anche quelli di sinistra e quelli “tecnici”
Secondo lapsus: se non avesse avuto una lunga barba posticcia (e capelli parimenti lunghi) uno dei protagonisti – il cast richiede 22 solisti in circa 35 ruoli – , il baritono Alan Opie, che a Napoli interpretava il teorico della filosofia del migliore dei mondi possibili, assomiglierebbe a Romano Prodi: il suo abbigliamento trasandato rende ancora più verosimile il nesso. E suscitò risate di cuore dei napoletani.
Terzo lapsus: uno dei cinque Re deposti che con Candide dal Suriman viaggiano alla volta di Venezia (i napoletani hanno fantasia) sembrava una caricatura di Bassolino. Quindi la vicenda del giovane Candide, convinto dal filosofo Pangloss, di vivere nel migliore dei mondi e delle sue peripezie è stata letta dal pubblico come una satira della Napoli (e dell’Italia) di oggi e di chi la governa. Proprio l’opposto di quanto inteso dal principe rosso.
Ricordo comunque uno spettacolo è comunque di rilievo. Dalla regia (Lorenzo Mariani) che situa la vicenda in uno studio televisivo dove si svolge qualcosa a metà tra una telenovella ed un talk show, alla bacchetta di Jeffrey Tate all’ottimo cast vocale agli spigliati balletti.
A Roma lo spettacolo arriva levigato Sul podio il britannico Wayne Marshall, interprete in perfetta sintonia con il repertorio musicale di Bernstein. Maestro del Coro dell’Opera di Roma è Roberto Gabbiani. Le scene, ispirate alle pitture di Larry Rivers, sono di Nicola Rubertelli, i costumi di Giusi Giustino, la coreografia di Seán Curran, l’ideazione e direzione delle immagini video di Fabio Massimo Iaquone e Luca Attili. Nel cast di Candide, tutti interpreti ideali della musica di Bernstein, sono: Michael Spyres/Leonardo Capalbo (21/01) (Candide), Bruno Taddia (Maximilian-Capitain), Jessica Pratt/Claudia Boyle (21/01) (Cunegonde), Derek Welton (Pangloss-Martin-Cacambo), Jane Henschel (The Old Lady). Nel ruolo di Voltaire, voce narrante, Adriana Asti.