Per Platone, la musica è la più alta delle filosofie. Ad introduzione de “La notte dell’Epifania”, William Shakespeare afferma: “Se la musica è cibo dell’amore, continua a suonare”. E quale amore è più forte di quello per l’Alto e, quindi, per il proprio prossimo? Il 16 aprile 2007 al termine del concerto per il suo 80simo compleanno, Papa Benedetto XVI ha detto:”Sono convinto che la musica sia il linguaggio universale della bellezza, capace di unire tra loro gli uomini di buona volontà su tutta le terra e di portarli ad alzare lo sguardo verso l’Alto e ad aprirsi al Bene e al Bello assoluti, che hanno la loro ultima sorgente in Dio stesso”. Queste parole di un Papa tedesco e teologo ricordano che in Germania anche nell’epoca dell’ateismo di Stato nei Länder orientali, l’educazione musicale è sempre stata tenuta in grande considerazione, verosimilmente in quanto (unico) nesso con l’Alto.



Nella seconda metà degli Anni Settanta, ero in un’Etiopia dilaniata da guerre civili, siccità e carestie. A Gondar vi era un solo alberghetto, spartano, in collina. A ragione dell’altitudine e della fievole lampadina, alle 22 dormivo. Alle 5 del mattino andai a sgranchirmi le gambe, scendendo verso il villaggio. Il silenzio venne rotto da un coro da una grotta trasformata in Chiesa rupestre, una monodia a più voci, prevalentemente bassi ma in cui i monaci più giovani avevano un registro simile a quello dei controtenori. Il testo e la partitura erano su un lungo rotolo in pergamena. Nel poverissimo insanguinato “Impero” (dove l’aspettativa di vita alla nascita si aggirava sui 35 anni), cantando le loro preci mattutine, con strumenti a percussione e a fiato, i monaci, tramite la musica, viaggiavano dal Bene al Bello verso l’Alto. Questi ricordi personali sono un piccolo indice dell’importanza dell’iniziativa rivolta a radicare sempre più il Teatro dell’Opera di Roma come elemento fondante della città in tutti i suoi aspetti, anche come sede del Cristianesimo.



Martedì 18 dicembre è stata presentata la seconda edizione di “Una porta verso l’Infinito. L’uomo e l’Assoluto nell’arte”, il progetto promosso e curato dall’Ufficio comunicazioni sociali del Vicariato di Roma in collaborazione con il Pontificio Consiglio della Cultura, che quest’anno avrà come tema “Il Tutto nel frammento”. Sono intervenuti all’appuntamento con la stampa l’arcivescovo, Filippo Iannone  vicegerente della diocesi di Roma, il vescovo Carlos Alberto De Pinho Moreira Azvedo , delegato del Pontificio consiglio della cultura, don Walter Insero incaricato dell’Ufficio comunicazioni sociali del Vicariato, il maestro Alessio Vlad, direttore artistico del Teatro dell’Opera di Roma, Francesco D’Alfonso, direttore artistico del progetto che prenderà il via ufficialmente venerdì 21 dicembre, alle 21, nella basilica di Santa Maria in Montesanto – Chiesa degli Artisti in piazza del Popolo. L’occasione sarà offerta dal concerto del Coro e dell’Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma diretti dal maestro Roberto Gabbiani.



Il programma della serata prevede: di Antonio Vivaldi Credo RV 591 per coro a 4 voci miste, archi e basso continuo; Magnificat RV 610 per soli, 2 cori a 4 voci miste e due orchestre – Apollonia Arianna Morelli, Bolognesa Giuliana Lanzillotti, Chiaretta Angela Nicoli, Ambrosina Silvia Pasini, Albetta Lorella Pieralli -; Gloria RV 589 per soli, coro a 4 voci miste e orchestra – Laudamus Te, soprano I Stefania Rosai, soprano II Angela Nicoli; Domine Deus soprano Stefania Rosai; Domine Deus, Agnus Dei, contralto Silvia Pasini; Qui sedes, contralto Lorella Pieralli -.

Contestualmente sarà presentata l’installazione video site specific di Andrea Aquilanti intitolata “Vers s”. Il programma è molto ricco: 14 concerti, un’opera lirica, una sacra rappresentazione e quattro spettacoli di prosa.