Alla fine, una voce che da settimane si stava facendo via via più insistente ha preso forma. Oggi il premier Mario Monti ha fatto sapere ai diretti interessati quello che ormai tutti da tempo sapevano: le Olimpiadi non si faranno. Qualcuno tra i promotori aveva instillato la speranza derivante dal fatto che pare che il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, ci tenesse particolarmente. A lui Mario Monti non avrebbe potuto dire di no e, alla fine, avrebbe acconsentito. E, invece, niente. In seguito ad un ponderato esame di vantaggi e spese, si è deciso che le incognite sono tante e tali che lo Stato non si può permettere di offrire la propria garanzia per la candidatura. Mario Monti ha deciso di non firmare la lettera di candidatura che avrebbe dovuto contenere le assicurazioni da presentare al Comitato Olimpico per dimostrare di essere in grado di sostenere l’evento. La decisione è stata comunicata ufficialmente dal presidente del Consiglio al presidente del Comitato organizzatore, Mario Pescante, al presidente del Coni, Gianni Petrucci e al sindaco di Roma, Gianni Alemanno.
Il professore della Bocconi, pur manifestando ai tre (oltre che a Gianin Letta, anch’egli tra i vertici del Comitato promotore) la sua ammirazione per un progetto ritenuto particolarmente meritevole di elogi, ha spiegato che, in questa fase economica, il nostro Paese non è in grado di affrontare i rischi che deriverebbero dalla incertezze relative agli oneri finanziari. «Il Comitato olimpico internazionale richiede al governo del Paese ospitante i Giochi una lettera di garanzia finanziaria… tra le altre cose il governo del paese ospite deve farsi carsi di ogni eventuale deficit della manifestazione», ha detto, aggiungendo: «Non possiamo correre rischi». Monti, per non doversi sobbarcare da solo la responsabilità della decisione, ha fatto sapere che la decisione è stata presa di concerto con tutti i ministei del governo. «Siamo arrivati alla conclusione unanime che il governo non si sente – nelle attuali condizioni dell’Italia – di assumere questi impegni di garanzia»
Il presidente del Consiglio ha fatto, inoltre, presente che nel momento in cui si è impegnata l’Italia in un piano di rientro dal debito della durata ventennale, non si possono mettere a «rischio i denari dei contribuenti». Tra i fattori che hanno fatto propendere in tal senso, l’esempio negativo della Grecia, che peggiorò con Atene 2004 i propri conti, e il fatto che da lì a Londra 2012, i costi sono raddoppiati.