Benché stia governando con inamovibile piglio decisionista, dipingendo un’altra Italia per decreto, sulle Olimpiadi tergiversa, nicchia, elude la risposta all’unica domanda: perché? Forse, Mario Monti, una decisione l’ha già presa. Affinché accanto a Madrid, Tokyo, Badu, Istanbul e Doha compaia anche Roma tra le candidate ai giochi olimpici del 2020, è necessario presentare domanda entro il 15 febbraio. Di quest’anno, ovviamente. Ebbene, non è escluso, a conti fatti, semplicemente abbia stabilito che non sarà presentata. Troppi rischi – può aver ragionato -, troppo incerti i benefici. Eppure, pensavamo che un’Olimpiade rappresentasse la garanzia di un rilancio economico. Che le cose non stiano così? lo abbiamo chiesto a Vittorio Ferri.
Come mai il governo italiano non ha preso una decisione sulle Olimpiadi?
Le decisioni in ordine alla candidatura sono in genere abbastanza complesse e i benefici in termini economici per questi eventi non sempre sono certi, effettivamente. La cautela, quindi, può essere benvenuta in quanto, in una situazione economica generale incerta, prestarsi a investimenti così onerosi può risultare controproducente.
In quali casi può verificarsi tale ipotesi?
Molto dipende da come l’evento viene progettato. Alcuni effetti sono misurabili, altri no. In generale possiamo dire che abbiamo una distribuzione nel tempo dei benefici e dei costi; essi vanno suddivisi tra la fase precedente alla realizzazione, quella contemporanea e quella successiva.
Ci spieghi meglio
Nella prima fase si determinano l’alimentazione della domanda e una maggiore attività economica dovuta alla realizzazione delle infrastrutture e degli impianti ma, contestualmente, una maggiore spesa, legata agli investimenti necessari; durante l’evento si hanno i maggiori effetti, provenienti da turismo, dai redditi derivanti dalla vendita di biglietti, dai diritti televisivi, o dalle sponsorizzazioni. Al contempo, tuttavia, non è escluso un aumento dei costi. Dopo l’evento, infine, c’è il problema dell’eredità olimpica, con i problemi legati alla gestione degli impianti e delle infrastrutture.
Eppure, Roma dovrebbe essere già adeguatamente dotata di impianti e infrastrutture. Non potrebbe trattarsi, al limite, di un semplice ammodernamento?
Tutto dipenderà dalla valutazione ex ante del progetto. Onestamente, credo che il problema consista nel fatto che, in Italia, non abbiamo di certo una solida tradizione di realizzazione di grandi opere.
Quali sono gli altri punti a sfavore della nostra candidatura?
Questi eventi sono, per definizione, contendibili. Non tutti i Paesi hanno linee e politiche di programmazione adeguate. La Spagna, ad esempio, si è data una struttura di programmazione apposita permanente; altri, invece, si candidano in maniera un po’ occasionale: tra quest’ultimi vi è l’Italia.
Rischiamo – è la tesi che va per la maggiore – di fare una brutta figura?
Il rischio, effettivamente, è quello di arrivare all’ultimo minuto. Va detto che ci sono anche svariati casi in cui abbiamo ottenuto un grande successo. Penso alle Olimpiadi invernali di Torino, o all’esperienza della Coppa America a Trapani. Tuttavia, data la contingenza, le risorse destinate a questi eventi potrebbero essere sottratte ad interventi pubblici necessari e generare un aggravio insostenibile nei conti pubblici.
Quali sono le condizioni per non sbagliare?
Una buona strategia per la politica dei grandi eventi dovrebbe essere costituita da una serie di fattori: creazione di una governance mista tra pubblico e privato; efficienza nei processi decisionali grazie alla decisione trasparente di chi fa cosa, e all’attribuzione di competenze precise e distinte a Comune, Provincia, Regione e Stato; attenzione al posizionamento turistico (ma su questo, Roma, non necessita dell’attivazione di particolari strutture); analisi approfondite di costi e benefici ex ante ed ex post; maggior coinvolgimento dei privati nell’attivazione delle risorse finanziarie; maggior prelievo fiscale nelle aree che ricevono più benefici.
Tutto ciò, entro quando dovrà essere messo a punto?
Dovrà far parte delle presentazione della candidatura che, è bene ricordarlo, non è scontato sia assegnata all’Itala.
(Paolo Nessi)