“Le liberalizzazioni non hanno nulla a che fare con le privatizzazioni. Le prime indicano che i servizi pubblici sono gestiti in un reale regime di concorrenza. Ben diversi i casi in cui il Comune scende sotto al 40% delle municipalizzate, ma ne mantiene le quote di maggioranza e dunque non si realizza una vera competizione”. Ad affermarlo è il professor Roberto Zucchetti, presidente e amministratore delegato del gruppo Clas. Il Comune di Roma ha annunciato l’intenzione di creare una superholding dei servizi, in cui confluiranno le municipalizzate Ama, Atac, Zetema e Risorse per Roma. L’obiettivo è quello di trovare più agevolmente dei soci privati. La proprietà dell’amministrazione scenderà al 30% del capitale, meno del 40% prescritto dalla legge, ma manterrà il pacchetto di maggioranza.
Professor Zucchetti, che cosa ne pensa delle liberalizzazioni in cui si inquadra l’operazione del Comune di Roma?
In primo luogo, le liberalizzazioni non hanno niente a che vedere con le privatizzazioni: sono due questioni diverse. Liberalizzare significa che i servizi sono contesi tra più soggetti. Nei casi previsti dalle leggi italiane approvate negli ultimi tre anni, le amministrazioni devono ridurre la loro partecipazione nelle municipalizzate, per il momento scendendo al 40% delle imprese che producono servizi. Questo è positivo perché allevia il conflitto di interessi tra l’amministrazione in quanto cliente che ha bisogno dei servizi, e l’amministrazione in quanto azionista delle società che li producono. Le nuove leggi però non bastano a risolvere il conflitto d’interessi esistente, in quanto il Comune rimane comunque l’azionista di maggioranza del fornitore di servizi e nello stesso tempo il loro acquirente.
La normativa nazionale sulle privatizzazioni porta quindi a un miglioramento della qualità del servizio?
E’ un passo verso la distinzione dei ruoli, ma non è un passo risolutivo. Che la qualità del servizio ne benefici o meno, lo vedremo dai fatti.
Per quale motivo i Comuni, tra cui per esempio Roma, tendono a non cedere le quote di maggioranza delle aziende municipalizzate dei servizi?
Su 9mila Comuni italiani, c’è chi lo fa per mantenere una posizione di potere e lucrarci sopra, e chi lo fa perché è un bravo amministratore e ritiene che una società pubblica ben amministrata sia meglio di una società privata che è tendenzialmente portata a realizzare i suoi interessi. Usciamo quindi da una visione manichea, in quanto la realtà ci dice che esistono entrambi gli aspetti.
C’è realmente una necessità in base a cui le aziende dei rifiuti e dei trasporti devono restare in mano ai Comuni, oppure no?
Non esiste nessuna necessità di questo tipo. In particolare nel campo dei trasporti, l’Italia soffre di un handicap legato al fatto che la proprietà comunale delle aziende dei servizi concede un enorme potere contrattuale alle maestranze. Normalmente in un’azienda le maestranze possono fare sciopero, e questo incide sul reddito dell’imprenditore. Ma nelle aziende municipalizzate dei trasporti si danneggia anche il sindaco, che rappresenta il principale azionista e che in occasione degli scioperi vede scendere i consensi dei suoi elettori. Questo aumenta di gran lunga le conseguenze di uno sciopero, tanto è vero che nei trasporti pubblici abbiamo contratti normalmente più ricchi rispetto ai settori privati.
Una reale concorrenza nel settore dei trasporti sarebbe utile o creerebbe confusione?
Se è ben organizzata è certamente utile, ma può anche produrre degli effetti negativi. Un esempio è quello rappresentato dai trasporti in Inghilterra, dove la competizione riguarda anche la rete ferroviaria. A questo livello è difficile una competizione positiva, a differenza invece del servizio ferroviario e ancora di più degli autobus. Già più complesso per esempio è il ragionamento sulla metropolitana, che ha dei vincoli di monopolio naturale. Quando si parla di trasporti su gomma le barriere tecnologiche per i privati sono invece molto più ridotte.
La creazione di una superholding dei servizi comunali, che prima di Roma è già stata realizzata a Torino, migliorerà il servizio oppure no?
E’ ininfluente, in quanto rappresenta un modo di coinvolgere i privati a livello finanziario e di management generale. E’ una scelta quindi relativa al tipo di socio coinvolto dal Comune. Già oggi il Comune di Roma ha la maggioranza di Ama, Atac, Zetema e Risorse per Roma. Il fatto di metterle sotto il controllo di una holding è semplicemente una forma di centralizzazione del controllo. Questo comporta il vantaggio di poter scendere sotto al 40% delle azioni della holding, senza dover cedere le singole società. L’importante è che come privati siano coinvolti degli altri operatori industriali attivi nel campo dei servizi alla città, e non invece operatori finanziari. I primi infatti sono in grado di trasmettere alle municipalizzate un know how di cui invece gli operatori finanziari sono privi.
(Pietro Vernizzi)