Sono in via di estinzione, schiacciati dai colossi della grande distribuzione. Sono i piccoli negozi a gestione familiare. Non sempre collocati nei quartieri periferici ma presenti, anche, nelle vie più affollate del centro città. Esercizi che hanno una storia, spesso gestiti dalla stessa famiglia da generazioni, che si trovano a lottare a denti stretti con la crisi che non da tregua. Ma anche contro gli outlet e i grandi centri commerciali finanziati dai giganti del franchising. Le cifre della crisi parlano chiaro: solo nei primi due mesi del 2012, nella Capitale, hanno chiuso cinquecento aziende e duemila addetti hanno perso il lavoro. In tre anni ad abbassare per sempre le serrande sono stati quindicimila esercizi con cinquantamila posti di lavoro tagliati. Un piccolo spiraglio arriva dal Capo della Commissione Comunale al Commercio, Ugo Cassone, che promette la revisione del Piano del Commercio varato dal Comune di Roma che, secondo, negozianti e comitati dei cittadini stravolge il volto della città permettendo la costruzione di nuovi outlet e centri commerciali in aree realtivamente povere di esercizi commerciali. Ne abbiamo parlato con Valter Giammaria, Presidente di Confesercenti per la provincia di Roma e del Lazio.
Presidente, finalmente una boccata d’ossigeno per i piccoli esercenti.
Siamo completamente d’accordo con questa posizione: Roma e la sua provincia sono già invasi da centri commerciali. Una sentenza del Consiglio di Stato ha dato ragione ai negozianti (e ai comitati dei cittadini, ndr) tutelando questi ultimi contro la costruzione di grossi outlet, frenando nuove costruzioni che snaturino il territorio. Anche il sindaco Alemanno si è sempre detto favorevole alla salvaguardia dei piccoli esercizi.
Eppure era dal ‘98 che non veniva varato un progetto in Giunta per regolamentare questo settore.
Esatto: è la prima volta che si ritorna a parlare di Piano del Commercio dai tempi della Legge Bersani. E’ un’occasione per correggere gli errori del passato e chiediamo una legge che non preveda nuovi centri, dal momento che solo nella capitale ne sono stati aperti ben ventisei, e ventiquattro nella provincia.
La precedente Giunta aveva già approvato l’avvio dei lavori per sedici nuovi centri che non sono ancora in corso di realizzazione. E’ possibile frenarne l’apertura?
Potrebbero anche essere cancellati se l’azione politica fosse efficace. Parlandoci chiaro, molti shopping center non hanno i requisiti adatti.
Cioè?
Mi riferisco alla viabilità, alla tutela del verde e delle zone non edificabili. In più, questi nuovi grandi impianti diventerebbero grandi cattedrali nel deserto e toglierebbero clienti agli esercizi del centro, e svuoterebbero la città rendendola così meno sicura. Un rischio per Roma, una metropoli turistica per eccellenza. L’Amministrazione comunale deve scegliere se incentivare chi acquista i terreni per costruire case, abitazioni e non snaturando le zone con nuovi outlet commerciali. Deve riportare le zone centrali della nostra città ai negozi storici di quartiere.
Gli ultimi progetti di legge varati dal Governo prevedono incentivi per i piccoli esercenti?
Purtroppo no, anzi. La nuova liberalizzazione degli orari è un altro colpo inferto alla piccola e media impresa. I negozi già boccheggiano con il personale per le aperture nei giorni normali, figuriamoci nei festivi e superfestivi che oltre ai problemi di rotazione del personale, porterebbero con sé un aggravio di straordinari in busta paga. Fra l’altro non è una decisione presa in ottica europea: non c’è nessun’altra città in Europa che prevede l’apertura per 365 giorni all’anno. In più, non ci sono incentivi fiscali e contributivi a favore della piccola e media impresa.
Quali, dunque, le prossime mosse di Confesercenti?
Chiediamo che Equitalia-Gerit, in caso di ritardo nei pagamenti, non elevi sanzioni troppo elevate e non proceda all’immediato pignoramento, concedendo qualche dilazionamento per le piccole e medie imprese. Stiamo, inoltre, combattendo una battaglia per abbassare l’Iva: avevamo chiesto che venisse diminuita e invece è persino aumentata, causando ai nostri associati esborsi enormi. Per quanto riguarda i problemi locali: il caro affitti sta schiacciando i piccoli negozi. Non è possibile che a Roma si paghi fra i quindici e i ventimila euro per cento metri quadrati oppure si arrivi a pagare per la stessa metratura, in zone commerciali o periferiche, sino a novemila euro. Sono cifre da capogiro che il piccolo imprenditore fatica, di questi tempi, a permettersi.