Nel primo incontro fra il Premier Mario Monti e i vertici dello sport italiano non ci sono state scintille: anzi. Il Presidente del Consiglio ospite alla premiazione “Collare d’oro” al Coni, ha apprezzato la “sportività del Comitato Olimpico per l’accoglienza, nonostante il veto sulla candidatura per i Giochi Olimpici del 2020. Monti ha ribadito anche che “La candidatura sarebbe stata vincente”. Sono passati solo un paio di mesi dal Consiglio dei Ministri in cui Monti aveva annunciato l’intenzione di non garantire quei 4,7 miliardi, sugli otto e due necessari, per presentare la Capitale alle Olimpiadi del 2020. Una doccia gelata. Neppure l’occasione di presentarsi e tentare la gara. Oggi, il Premier torna sull’argomento con un’apertura inaspettata. Ironia o, buone maniere ad hoc per far digerire il boccone amaro a Gianni Petrucci e al suo staff? Ne abbiamo parlato con Francesco Forte, economista ed ex Ministro delle Finanze.



Professore, cosa pensa delle parole di Monti?

Non capisco quale possa essere la logica di aver rifiutato una candidatura vincente alle Olimpiadi. Mi sembra che voglia più che altro sottolineare che pur sapendo che la candidatura sarebbe stata vittoriosa, non voleva le Olimpiadi in casa. Questa interpretazione è frutto del fatto che Monti non ha, comunque, detto che si è ricreduto o che ha sbagliato.



Perchè allora rinunciarvi?

Probabilmente, per il fatto che la spesa per l’Olimpiade non compensi i benefici che possono derivarne. Ma questo non mi stupisce poiché è lo stesso governo che ha bloccato i lavori sullo Stretto di Messina: pensavo che il governo “dei bocconiani” fosse più elastico sui temi che dividono nord e sud.

La decisione di non presentare l’Italia alle Olimpiadi ha a che fare con l’immagine di un Italia “corrotta” durante i Grandi Eventi e che Monti non desidera dare al mondo?

Questa tesi, che si collega con la considerazione precedente, alberga in una parte dell’Italia che si attarda nel razzismo culturale dello slogan “Roma Ladrona”. E’ noto che la corruzione si sviluppa quando c’è il dirigismo dell’economia di mercato mentre non si sviluppa quando c’è  lo sviluppo economico, o meglio, ne è un limitato sottoprodotto economico e se questa ipotesi fosse vera, sarebbe meschina: il fine, quello dello sviluppo, comporta il correre dei rischi. E’ più che altro sinonimo di un moralismo ipocrita, contrario all’apertura dei mercati e alla sfida dell’uomo alla libertà.



Ora che la Lega è indebolita, sarebbe cambiato qualcosa nel quadro della decisione presa dal Premier?

Non penso. Quello di cui si parlava prima sono più che altro retaggi di una certa cultura nordista o frutto, magari, dell’idea giustizialista dei “manettari”.

Personalmente lei pensa che l’Italia abbia perso un’occasione?

Certamente, come ne ha perse tante nel recente passato. Partendo, ad esempio, in ritardo nell’Alta Velocità, nella banda larga, non partendo affatto nella costruzione del ponte sullo Stretto di Messina. L’Italia mi sembra un paese che non accetta le grandi sfide tecnologiche, in particolare. Non dimentichiamoci che l’Olimpiade è una grande opportunità per progredire in senso tecnologico e informatico, dal punto di vista organizzativo e dei servizi connessi.

 Quali possono essere le Grandi Opere che il governo non può mancare nell’immediato futuro?

Innanzitutto, il Ponte sullo Stretto, l’avanzamento informatico con la banda larga e l’incentivo per la produzione di energie rinnovabili, non dando retta a qualche giornalista retrogrado che ancora non ha capito l’importanza di queste fonti eco sostenibili.