Brutte notizie per i pendolari romani, che dal prossimo primo giugno potrebbero veder scomparire definitivamente l’abbonamento Atac mensile in favore di una tessera annuale più salata. Lo stesso giorno, come annunciato da tempo, anche il Bit (Biglietto integrato a tempo) di 75 minuti passerà da 1 euro a 1 euro e mezzo, come previsto dalla delibera di giunta 53 del 29 febbraio, ma in pochi si sarebbero aspettati ulteriori modifiche. Andando infatti ad analizzare le novità che potrebbero essere introdotte, vediamo che il prezzo del futuro abbonamento annuale si baserà principalmente sul reddito Isee: per quanto riguarda i pensionati con reddito non superiore a 10 mila euro, la tessera annuale costerà 120 euro invece degli attuali 100, mentre chi ha un reddito Isee non superiore a 15 mila euro dovrà pagarne 130. Infine 150 euro sono previsti per i pensionati che non superano i 20 mila euro. Le proteste ovviamente non mancano, ma lo staff del sindaco Alemanno ha assicurato che le nuove tariffe «garantiscono che le agevolazioni saranno presenti per chi ne ha effettiva necessità». La categoria però più contrariata per le annunciate modifiche è quella degli studenti, che manifestano la propria rabbia e delusione su blog, social network e gruppi di discussione: secondo alcuni una decisione del genere porterà inevitabilmente ad un aumento del traffico, altri sostengono che la giunta Alemanno stia scaricando i problemi di bilancio di Atac sugli studenti, mentre altri ancora credono che non sia questa la soluzione migliore per invogliare i cittadini a utilizzare i mezzi pubblici capitolini. IlSussidiario.net proverà a sciogliere questi dubbi grazie al contributo di Gabriele Grea, professore di Economia e gestione della mobilità urbana dell’Università Bocconi.



Professore, cosa pensa di tutta la situazione?

E’ necessario valutare attentamente ogni dettaglio prima di esprimere un giudizio finale. In questo caso è chiaro che se l’obiettivo del Campidoglio è quello di creare una maggiore fidelizzazione da parte degli utenti e di generare un aumento dell’utilizzo del trasporto pubblico, le modifiche proposte non rappresentano certamente la soluzione più adatta. Se invece lo scopo è aumentare le entrate, allora è normale attendersi le reazioni da parte di qualche categoria di viaggiatori che ci rimetterà.



Come ha fatto sapere anche  il sindacato dei pensionati Spi-Cgil, negli anni precedenti le agevolazioni erano legate esclusivamente al reddito personale, ora invece saranno graduate in base agli scaglioni dell’Isee. Cosa ne pensa?  

Il fatto di basare il costo di un abbonamento sul reddito Isee rappresenta certamente una novità. E’ un metodo utilizzato in molti ambiti, che ha i suoi vantaggi ma anche alcune imperfezioni, come il fatto di non riuscire a catturare tutti gli aspetti della ricchezza reale. Un provvedimento del genere mostra comunque obiettivi puramente di cassa, senza tentare di raggiungere soluzioni di medio-lungo termine per il trasporto pubblico locale. Più in generale, infatti, l’adozione di misure che non favoriscono l’aumento della domanda o comunque una maggiore fidelizzazione da parte degli utenti rischia di essere una mossa poco produttiva nel lungo periodo.



Possiamo quindi dare ragione a quegli studenti che si dicono convinti del fatto che una scelta del genere di certo non invoglierà i cittadini ad utilizzare maggiormente i mezzi pubblici?

Certo, quando le risorse vengono cercate sugli utenti le risposte non sono mai troppo positive. C’è poi un problema che riguarda il modo con cui queste modifiche andranno a pesare diversamente sulle varie categorie di cittadini: ci sono infatti quegli utenti che per definizione stessa del trasporto pubblico sono i destinatari dei cosiddetti “servizi minimi”, come i pendolari, gli utenti sistematici e gli studenti. Insomma quelle categorie nei confronti delle quali è necessario e opportuno dimostrare una sensibilità maggiore, ma ovviamente queste “strategie” di aumento della contribuzione da tariffa, pur essendo buone per l’efficienza delle aziende, non migliorano l’umore degli utenti.

Secondo lei quindi non bastava l’aumento del 50% sui Bit da 75 minuti?

Nei momenti di difficoltà economica si tende ad aumentare il peso tariffario su quelli che sono gli utenti meno flessibili, cioè quelli che hanno una minore elasticità della domanda. Parliamo quindi degli abbonati e i pendolari, cioè coloro che non hanno alternative se non quella di prendere i mezzi per spostarsi, e sui cui si hanno i maggiori risultati a livello finanziario. In altre città italiane si è provveduto a compensare in qualche modo l’aumento dei titoli singoli con una maggiore convenienza negli abbonamenti, o perlomeno evitando di aumentarne il prezzo, mentre a Roma è accaduto qualcosa di diverso, dettato certamente da motivazioni economiche.

 

(Claudio Perlini)