Cronaca di un pranzo alla tavola del Papa. Cronaca di un pranzo ufficiale, con il collegio cardinalizio in pompa magna, per celebrare gli 85 anni di Joseph Ratzinger e il settimo anno di pontificato di Benedetto XVI. Sappiamo dell’ufficiale e pomposo saluto del cardinal Sodano, il più anziano tra i colleghi, ma del Papa sono riportate solo parole dette “a braccio”. 
Ha parlato del male, che come sempre vuol dominare il mondo. Ha citato sant’Agostino, per cui tutta la storia è lotta tra due amori, l’amore per sé fino al disprezzo di Dio e l’amore di Dio fino al martirio, cioè al disprezzo di sé. Prima notazione: come se tutto quel che sta accadendo, fuori ma soprattutto dentro la Chiesa, fosse tragicamente normale. Dolorosamente risaputo. Non è trascuratezza della realtà, ma uno sguardo ragionato e profondo al significato della realtà, che non è solo lo spazio limitato dell’esperienza quotidiana: oggi non è peggio di altri tempi.
Eppure, in questa lotta noi stiamo dalla parte di chi ha vinto il mondo: “siamo nella squadra del Signore”, quindi nella squadra vittoriosa!” Che stupore, e che consolazione. Proprio in questi tempi, in questi giorni, quando dominano lo sbandamento, la delusione, i dubbi, la paura.
Quando la Chiesa tutta sta subendo attacchi frontali feroci, e quel che è più grave, che provengono dal suo interno, e facilmente trovano fertile terreno nella società e nella mentalità comune. Crisi, crisi di vocazioni, crisi di immagine, crisi di valori, unite a crisi economica, sociale, antropologica… La Chiesa, dove gli stessi pastori si azzannano come lupi, rischiando di distruggersi l’un l’altro. Sono parole, dure e amare e troppo dimenticate, dello stesso Papa.
Ma che nel momento peggiore, quando i marinai si buttano in mare, o piangono, guardando la tempesta in arrivo e la barca piena di falle, prende il timone, rincuora, rafforza, e spiega come riprendere la rotta, a chi guardare. Siamo nella squadra che vince. E non siamo soli: perché “in questa lotta nel mondo è molto importante avere degli amici. Questi sono i miei amici e io mi sento a casa, mi sento sicuro in questa compagnia di amici che stanno con me, e tutti insieme con il Signore”.



Una verità grandiosa, espressa con semplicità e umiltà. Come potrebbe fare ciascuno di noi, contento dopo un pranzo con le persone più care, con cui si sente sereno e al sicuro. Non solo perché è festa e la mensa offre cibi graditi. Perchè “insieme si condividono gioie e dolori”, ma soprattutto perché “si cammina insieme al Signore”. Una compagnia guidata al destino.



“Voi siete i miei amici, tutto quel che è mio è vostro”. Tornano a mente le parole di Gesù. Stava a tavola con i suoi. Che non erano i più bravi, i più giusti, non erano affatto irreprensibili, né particolarmente coraggiosi. Erano stati scelti, erano con lui. E questo bastava. Sarebbero scappati, avrebbero tradito, ma sarebbero tornati. Lui si fidava di loro. Che cambio di prospettiva. Il Papa quando tutto sembra rovinare e sparire nell’insignificanza, come auspicano i tanti osservatori pronti con gli arieti e le macchine da guerra alle porte, ci ricorda di Chi siamo, e che non siamo soli. Ci ridà coraggio e speranza, per essere militanti, ovvero combattere la buona battaglia.

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