Sono scesi in piazza scandendo lo slogan “Roma non si vende, Roma si difende”, per protestare contro quella che reputano la truffa dell’acqua. Anche se l’unica truffa è stata quella di chi li ha convinti che il referendum di un anno fa potesse impedire la privatizzazione dei servizi idrici. Diecimila persone sabato hanno organizzato un corteo contro la vendita del 21% della multiutility Acea decisa dal Comune di Roma. Tutto regolare, però, in questa procedura, che può anche tradursi in un vantaggio per la collettività, come sottolinea Luca Guffanti, avvocato dello studio Sciumé Zaccheo & Associati, esperto del settore dei servizi pubblici e di risorse idriche.
Ritiene che la vendita del 21% di Acea vada contro l’attuale legislazione italiana ed europea?
L’operazione del Comune di Roma non presenta nessun elemento di contrasto con il nostro ordinamento né con quello comunitario. Nella legislazione nazionale abbiamo tra l’altro norme che espressamente prevedono la privatizzazione parziale delle società quotate per non perdere determinati affidamenti (norme che però non riguardano i servizi idrici ma solo altri settori). La vendita del 21% di Acea da parte del Comune di Roma è legata anche al tema dell’indebitamento pubblico e del reperimento di nuove risorse per gli investimenti. Da un punto di vista generale, dunque, non è certo un’operazione che si pone in contrasto con la normativa vigente, anche alla luce del referendum di un anno fa. La consultazione popolare ha infatti comportato delle modifiche alla nostra legislazione, che però non sono tali da creare impedimenti o ostacoli a operazioni come questa.
Per quale motivo?
Il referendum ha semplicemente eliminato lo sfavore che il legislatore nazionale aveva introdotto rispetto all’affidamento in house, cioè a società con capitale interamente pubblico. Dopo la consultazione, quindi, le modalità di scelta del gestore sono poste tutte sullo stesso piano: con gara, mediante una società mista cui partecipano sia il soggetto pubblico, sia l’operatore scelto con gara, oppure mediante affidamento in house.
Quindi la gara non è più obbligatoria come prima, ma non è nemmeno vietata …
Esattamente, e in questo modo oggi il nostro ordinamento interno è stato completamente uniformato a quello comunitario. La natura pubblica o privata dell’operatore rimane neutra, lo scopo della legislazione è che l’amministrazione individui un buon gestore, che può essere pubblico, privato o misto.
Ritiene che le privatizzazioni migliorino o peggiorino i servizi idrici?
Da anni, se non da decenni, il settore dei servizi pubblici e quello dei servizi idrici scontano una situazione difficile, legata a una grande necessità di investimenti e a limiti sempre più pesanti ai bilanci pubblici che non consentono di liberare grandi risorse, come sarebbe invece necessario. Questi elementi, che da tempo connotano il settore, hanno visto poi sopraggiungere la crisi globale, che ha accentuato ancora di più queste criticità. In uno scenario del genere, in cui affinché i cittadini abbiano un buon servizio è indispensabile realizzare gli investimenti, non si può fare a meno anche di buoni gestori. Questi ultimi devono essere in grado di ridurre i costi di funzionamento e di realizzare gli investimenti, ma perché ciò avvenga occorre avere sia adeguati mezzi propri, sia una forte capacità di indebitamento, in quanto stiamo parlando di importi da investire molto consistenti. Le risorse pubbliche del resto spesso non sono sufficienti. Da questo punto di vista, la strada della privatizzazione può essere una delle possibili vie per aumentare la propria capacità di indebitamento o per reperire nuove risorse da destinare ai servizi.
Quali sono le condizioni normative affinché questa operazione dia risultati positivi?
Le norme prevedono che queste privatizzazioni siano realizzate seguendo i canoni e le procedure dell’evidenza pubblica o mediante adeguate forme di collocamento presso investitori qualificati e operatori industriali. In generale, è questo il meccanismo che consente di riuscire ad avere un confronto tra più offerenti in modo da ottenere la migliore valorizzazione della società. La legge, infatti, a presidio del conseguimento dei migliori risultati (sia quando si privatizza un gestore, sia quando si sceglie il socio industriale di una società mista) pone le procedure ad evidenza pubblica, che devono garantire un confronto tra i soggetti interessati in grado di fare emergere quella che è la proposta migliore, non solo in termini economico-finanziari, ma anche in relazione alle capacità industriali del soggetto da coinvolgere quale partner del gestore.
(Pietro Vernizzi)