Il Consiglio dei Ministri ha approvato lo schema di decreto legislativo che integra le norme che delegano il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per la disciplina dell’ordinamento transitorio di Roma capitale. In sostanza vengono bloccati i finanziamenti diretti che, come in passato, dovranno adesso passare dalla Regione Lazio. La Polverini esce dunque vincitrice da un lungo braccio di ferro con il sindaco Alemanno, mentre il ruolo di Roma Capitale risulta sostanzialmente ridimensionato dall’esecutivo, almeno su questo tema. Palazzo Chigi ha spiegato in una nota che «le modifiche mirano a realizzare il coordinamento tra la negoziazione degli obiettivi del patto di stabilità interno tra Roma Capitale e Governo e la disciplina generale in materia di patto territoriale di stabilità. In particolare, viene eliminata la previsione del finanziamento diretto a Roma Capitale dei livelli essenziali delle prestazioni e degli obiettivi di servizio». IlSussidiario.net ha quindi chiesto un commento a Stelio Mangiameli, professore di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Teramo e Luiss di Roma, e direttore dell’Istituto di Studi sui Sistemi Regionali Federali e sulle Autonomie (ISSiRFA) del CNR.
Professore, intanto come giudica quanto stabilito dal Consiglio dei Ministri?
Il Consiglio dei ministri ha deliberato un nuovo schema di decreto legislativo che rappresenta in sostanza una correzione dei decreti attuativi dell’articolo 24 della legge 42 del 2009, vale a dire quella sul federalismo fiscale. Questo schema correggerebbe quello adottato dal precedente governo, il 156 del 2010, che in realtà non realizzava il nuovo ordinamento di Roma Capitale ma rappresentava una sorta di ordinamento transitorio.
Cosa aveva stabilito invece il secondo decreto?
Il secondo decreto (n. 61 del 2012) aveva stabilito il finanziamento diretto dalle casse dello Stato al Comune di Roma, senza però definire la natura giuridica di Roma Capitale. Non esiste infatti una vera innovazione dal punto di vista organizzativo o strutturale della Capitale, perché sostanzialmente sono stati cambiati i nomi al Consiglio comunale (diventato Assemblea capitolina) e al sindaco (ora di Roma Capitale) ma deve essere chiaro che ancora non è presente una vera disciplina sostanziale della capitale. Lo schema di decreto legislativo deliberato ieri, inoltre, compita che le funzioni fondamentali saranno finanziate per Roma come tutti gli altri comuni d’Italia, cioè attraverso la Regione. E’ chiaro quindi che l’assetto dei poteri locali continua ad essere provvisorio e che l’attuazione di Roma Capitale è in realtà totalmente assente.
A cosa dovrebbe puntare principalmente questa attuazione?
Di certo non alla modifica dei nomi dei vari organi amministrativi, quanto a un assetto di poteri con lo Stato e con la Regione profondamente diverso. A Roma Capitale occorre un coordinamento Stato-Regione Lazio sostanzialmente diverso da quello tra Stato, Regione e tutti gli enti territoriali e la disposizione che lo prevede non è del tutto chiara.
Come mai?
Perché sulla capitale gravano una serie di oneri che devono essere affrontati congiuntamente e specificatamente. E’ necessario procedere a un sistema istituzionale diverso in cui la capitale, proprio perché svolge funzioni differenti da quelle di comuni e province, dovrebbe avere un sistema di finanziamento non per le differenziate funzioni comunali ma per quelle di Capitale. Il decreto precedente si è dimostrato quindi sostanzialmente inutile, proprio perché le funzioni comunali venivano finanziate in modo anomalo, e giustamente il governo ha stabilito ieri che questo non può avvenire per nessun comune, neanche per quello di Roma.
E’ questo quindi l’aspetto principale che manca alla città?
Il finanziamento delle funzioni di Capitale è sinora totalmente assente e su questo purtroppo il sindaco Alemanno ha dimostrato di non avere compreso fino in fondo la problematica della città.
Cosa pensa di tutto il procedimento, dalla nascita di Roma Capitale fino ad oggi?
A mio giudizio la questione di Roma Capitale non è stata affrontata seriamente. Non ci si è posti il problema che Roma è la capitale d’Italia e che per questo sulla città devono operare il governo, il Comune, la Provincia e la Regione in modo congiunto e diverso da quello che è stato finora.
Cosa è stato questo rapporto fino ad oggi?
Finora abbiamo assistito a leggi di finanziamento occasionali solo in occasione di manifestazioni particolari come il Giubileo, i Mondiali, le Olimpiadi e così via. E’ stato deciso di fare qualcosa per Roma solo in occasione di grandi eventi, ma la logica che invece presiede al governo delle capitali, come a Berlino, Parigi o Londra, è completamente diversa. Occorre un programma specifico e conseguenti finanziamenti che costantemente adeguino la capitale alla sua funzione. Non parlo dunque di opere occasionali, ma strutturali e programmate, e di finanziamenti costanti nel tempo.
Può farci un esempio rispetto alle altre città europee che citava prima?
Londra, da quando ha adottato la nuova governance per la Grande Londra, sembra un’altra città. Basta averla visitata prima e dopo l’introduzione di questa forma di governo per rendersi immediatamente conto dei cambiamenti. L’idea basata su un riguardo particolare per la capitale con un programma ad hoc ha trasformato e migliorato la città. Lo stesso vale per Parigi che, anche se ovviamente è più piccola di Roma, presenta una serie di opere e infrastrutture cresciute costantemente nel tempo che la rendono straordinaria.
Perché a Roma questo non avviene?
L’Italia non riesce a capire che per Roma Capitale è necessaria una legislazione che crei una programmazione e un finanziamento costante che possa sostenerla. Bisognerebbe anche chiedersi se Roma dovrebbe rimanere una città divisa tra Comune e Provincia oppure puntare ad essere una città metropolitana come Parigi, Londra e tutte le grandi città di questo mondo, ma questo richiederebbe una maturità ulteriore che non credo sia presente in questo momento.
(Claudio Perlini)