Dal oggi fino al 17 giugno 2012 andrà in scena al Teatro India di Roma lo spettacolo teatrale Jakob Von Gunten tratto dall’opera di Robert Walser la messa in scena teatrale è diretta da regia di Lisa Ferlazzo Natoli, nel cast Alberto Astorri nel ruolo di Benjamenta, Emiliano Masala nella parte di Kraus, Monica Piseddu nella parte di Lisa. La storia parla di un giovane di buona famiglia, Jakob Von Gunten, che si iscrive all’Istituto Benjamenta, scuola per servitori. L’istituto diretto dal signor Benjamenta e da sua sorella Lisa, nasconde una realtà ben diversa da quella che vorrebbe sembrare. Se ne accorge subito Jakob, che cercherà di ribellarsi a un surreale sistema di insegnamento, litigando con Kraus, il servo perfetto. Ed è proprio l’interprete di Jakob, il giovane attore Andrea Bosca, a presentarci questa interessantissima pièce teatrale da non perdere. Il lettori de Ilsussidiario.net hanno conosciuto Andrea Bosca quando, in un’intervista, ha presentato la fiction tv L’olimpiade nascosta; ora potranno seguirlo anche a teatro: scoprire dalle parole di Bosca cosa si cela dietro Jakob Von Gunten.
Ha letto il romanzo di Robert Walser, autore del testo di “Jakob von Gunten”, la rappresentazione teatrale che sarà in scena al Teatro India dal 12 al 17 giugno a Roma?
Naturalmente ho letto questo romanzo e mi è piaciuto tantissimo. Ho conosciuto un autore veramente originale, unico nel suo genere, non paragonabile a nessun altro scrittore. E’ stato molto bello lavorare, con una troupe teatrale veramente fantastica, su questa opera letteraria, carpirne tutta l’essenza che secondo me va anche al di là del periodo storico in cui è vissuto Walser, e di questo libro scritto all’inizio del Novecento. Si tratta di un’opera autobiografica, che però va anche al di là dell’esperienza vissuta dall’autore.
Che giudizio dà di questa opera letteraria, del senso che ne traspare?
E’ un romanzo che offre una lettura della realtà molto particolare. Se volessimo accostare questo testo a un altro scrittore mi verrebbe in mente il nome di Franz Kafka, anche se ripeto, Walser è veramente un autore, unico, irripetibile nel suo genere. Questo romanzo ci offre l’immagine di una realtà dove viene messo in risalto il potere dell’imprevedibilità che diventa elemento decisivo nella nostra esistenza. Una realtà che in un certo senso sfugge al concetto di razionalità. Facendo un esempio è come se 1+1 fosse uguale a 3. Il nostro compito è stato quello di trasformare questo diario di Walser, vissuto in maniera soggettiva, in un racconto oggettivo, in una “dimensione” comprensibile per tutti non solo per lo scrittore. Si proprio quell’imprevisto che diventa parte fondamentale della nostra esistenza e ne decide lo stesso svolgersi degli avvenimenti.
Sembra quasi un’opera surrealista, quasi volesse rappresentare una realtà certe volte nascosta…
E’ così. La realtà nascosta è la chiave di lettura per interpretare, per comprendere questa opera letteraria. E’ una realtà invisibile dove i vari personaggi agiscono spesso in tempi diversi, secondo un filo conduttore legato a un equilibrio quasi instabile, in cui gli stessi personaggi devono cercare di mantenere questa stabilità, messa continuamente a prova. Forse se si dovesse indicare un regista vicino all’essenza di quest’opera si potrebbe pensare a una tra le storie messe in scena da Tim Burton, il più vicino alla dinamica, al significato di “Jakob von Gunten”.
E’ stato difficile rappresentare a livello teatrale l’opera di Walser?
Abbiamo dovuto lavorare molto, leggendo in continuazione questo testo, adattandolo alla rappresentazione teatrale, cercando contemporaneamente di non perdere l’essenza del romanzo di Walser. Stare sempre su un sottile filo di questo equilibrio, come funamboli sospesi nel vuoto, una ricerca di un equilibrio continua, proseguita di scena in scena, per poter far arrivare al pubblico il messaggio di questa opera teatrale, fino in fondo. Nell’opera teatrale oltre alla presenza dei quattro personaggi di Jakob von Gunten, c’è un quinto personaggio, questo sound designer, con la sua musica che traspare da un computer che fa da risalto a tutta la rappresentazione scenica dell’opera. Una presenza molto suggestiva.
Come si è si è preparato per interpretare il personaggio di JaKob?
Innanzitutto mi sono divertito tantissimo, è la prima cosa che mi ha lasciato questo lavoro. Poi naturalmente ho dovuto lavorare molto sul personaggio, sul testo dell’opera di Walser, sia a livello fisico che a livello vocale, con un linguaggio recitativo che unisse tutte le componenti espressive della recitazione teatrale, quella del corpo e quella del linguaggio.
Fa cinema, televisione, teatro, come sono le modalità diverse di recitazione tra questi diversi generi espressivi e a quali si sente maggiormente legato?
Direi che variano i tempi, il tipo di lavoro in cui un attore è chiamato a esprimersi. In realtà non sono legato a nessun filone, penso che in tutti e tre un attore possa esprimersi nel modo migliore. Se il teatro vive del contatto con il pubblico, la stessa cosa si può dire del cinema, dove si trasmette il proprio lavoro allo spettatore che riceve tutta questa arte espressiva, ne subisce il messaggio, come se fosse in diretta, ne riceve le emozioni, l’arte in un modo altrettanto forte.
Ha lavorato in tantissime opere di tv, cinema, teatro a quali è legato maggiormente?
In effetti sono diverse le opere a cui sono legato, da “Aspettando Godot” a “Come Vivo Acciaio”, liberamente tratto da “Una Questione Privata” di Beppe Fenoglio, la a prima esperienza come regista ed interprete (scritto e recitato con Elisa Galvagno), a “Magnifica presenza” di Ferzan Ozpetek.
Anche Feisbum! il film…
Sì, ho voluto cimentarmi in questo film ed è stato molto bello.
Come si è trovato con Ferzan Ozpetek, questo grande regista?
Benissimo, Oztepek merita veramente tutto il consenso che ha da parte del pubblico. E’ un regista creativo, di grande talento, che trasforma le scene di volta in volta, riesce a realizzare grandissimi opere. E’ stato bellissimo lavorare con lui.
Quali saranno i suoi prossimi impegni?
Dovrebbe esserci un film, un progetto di cui non posso dire molto, preferisco non parlarne ancora. Posso solo dire che reciterò in dialetto pugliese…
Lei è molto impegnato a livello professionale, trova il tempo di dedicarsi anche ad altro?
Scrivo poesie, è una cosa che amo particolarmente, tra i miei modelli c’è Giorgio Caproni. Non ho la pretesa invece di scrivere romanzi, Non mi ritengo all’altezza di una cosa del genere. Quanto al fatto di essere sempre impegnato è una cosa che amo fare, è nella mia natura. Quando mi chiamano cerco di essere sempre pronto, se no vado a cercarmi tutti i lavori che poi svolgo nella mia professione di attore. E ho avuto così la soddisfazione di vincere il Premio Biraghi, un riconoscimento molto importante che mi ha fatto molto piacere.
(Franco Vittadini)