A seguito dei dissidi interni alla maggioranza sulla proposta arrivata in Commissione di introdurre un contributo per l’accesso ad offerte educative alternative a quelle statali, Olimpia Tarzia, firmataria del provvedimento sul “buono scuola” insieme a Giancarlo Miele (Pdl), ha deciso di lasciare la presidenza della Commissione Scuola della Regione Lazio. «La libertà educativa è un principio non negoziabile – spiega la Presidente Nazionale del Movimento PER (Politica Etica Responsabilità) a IlSussidiario.net – e sono convinta che questo tema riguardi non solo i convegni dedicati ma la quotidianità, in cui bisogna viverli e testimoniarli. Nel momento in cui ci si trova di fronte ad una negoziazione è necessario avere il coraggio di dire che un tema genere non può essere soggetto a compromessi».
Onorevole Tarzia, lei ha recentemente fatto sapere che a sorprenderla, più della posizione della sinistra, è stato l’atteggiamento di una parte, pur minoritaria, del Pdl. Si spieghi meglio.
Già conoscevo la posizione ideologica della sinistra, la stessa che avevamo già osservato in altre situazioni in cui il tema è stato portato a livello nazionale. Il cosiddetto “buono scuola” è uno strumento finalizzato a consentire a tutte le famiglie, in particolare a quelle in condizioni economiche più precarie, di esercitare un loro diritto, cioè quello di essere libere di scegliere la scuola per i propri figli.
Cosa avrebbe dovuto fare quindi l’opposizione?
Mi aspetterei che chi ha sempre detto di stare dalla parte dei meno abbienti sia d’accordo con una proposta di questo tipo, perché altrimenti la scuola paritaria rischia davvero di diventare un accesso solo per chi ha le possibilità di farlo. Certamente la sinistra dovrebbe riflettere su questo tema, ma come ho già detto si è trattato di una reazione che non mi ha particolarmente stupito.
A sorprenderla è stata invece una parte del Pdl…
E’ stato assolutamente sconcertante osservare una debolezza insita all’interno dell’area del Pdl, in cui diverse posizioni hanno in qualche modo prevalso e di fatto impedito l’approvazione in Commissione della proposta. Questa posizione inconcepibile di una parte del Pdl rappresenta certamente un segnale negativo che rispecchia lo stato confusionale politico in cui si trova attualmente il Paese a livello nazionale e che inevitabilmente ricade anche sulle realtà locali.
Come reagire quindi?
Credo che quanto accaduto possa rappresentare un segnale per richiamare a un’urgenza non più derogabile affinché si proceda con la costruzione di un programma culturale e politico sul quale si possa convergere. Tutti i soggetti, i movimenti e le realtà che si troveranno d’accordo su questo programma costituiranno una vera azione politica da portare avanti insieme.
Lei ha detto anche di auspicare che «tutti i consiglieri di questa maggioranza condividessero l’impostazione culturale dei colleghi del Piemonte, della Lombardia, del Veneto, della Sicilia, ove la battaglia in difesa della libertà di scelta educativa è stata uno dei pilastri di una visione politica che si rifà alla centralità della famiglia». Cosa è mancato invece al Lazio?
Credo che la causa principale sia probabilmente il diverso momento storico. In questo periodo tutte le Regioni, in particolar modo il Lazio, vivono direttamente le tensioni e il disorientamento presenti a livello nazionale. Forse questa confusione non era così accentuata quando le altre Regioni hanno approvato a suo tempo il “buono scuola”. Oggi invece sono saltati tutti i punti di riferimento, ognuno si muove in ordine sparso e questo naturalmente non fa bene alla politica. Come ho già detto è però necessario trarre spunto da questo momento per far capire a tutti coloro che si riconoscono in determinati princìpi e punti fermi che è necessario portare avanti una specifica azione politica che inevitabilmente possa creare una realtà viva che incida anche sulle politiche regionali.
(Claudio Perlini)