Bocciato lo studio della Regione per l’individuazione dei sette siti dove far nascere la nuova discarica, bocciate le gestioni territoriali e bocciati gli enti locali. La relazione che la commissione bicamerale d’inchiesta sulle Ecomafie ha presentato in Campidoglio mette ancora una volta in evidenza l’inadeguatezza che nel corso degli anni ha caratterizzato la gestione dell’emergenza rifiuti della capitale. Il testo punta il dito, per l’ennesima volta, contro una raccolta differenziata che Roma sembra non voler mai cominciare e contro una sorta di inscalfibile omertà che perdura nei confronti di Malagrotta, quella discarica che incredibilmente riesce ancora a mantenere aperti i cancelli nonostante stia letteralmente per esplodere. “E’ sufficiente esaminare la situazione emergenziale che attanaglia ormai da quasi un anno Roma e provincia – si legge nella relazione – per percepire nitidamente il pregiudizio di fondo che sta alla base del sistema di smaltimento: questo si è semplicemente trasformato, per taluni, in un business tanto più conveniente quanto più gli enti preposti non hanno realizzato un ciclo integrato dei rifiuti finalizzato al loro smaltimento nel rispetto dell’ambiente”. Come confermerà anche il senatore di Fli, Candido De Angelis, uno dei redattori della relazione, nel corso di questa intervista per IlSussidiario.net, il testo intende chiarire una volta per tutte che “mai il termine emergenza è stato utilizzato più a sproposito”. Quella di Roma poteva chiamarsi emergenza molti anni fa, ma oggi a prevalere è solamente un costante immobilismo che senza decisi cambi di rotta farà scivolare la città ancora più basso.
Senatore De Angelis, tentiamo di riassumere l’intera vicenda che ha portato alla relazione di cui è redattore.
Ecco cosa è accaduto in sintesi: la Provincia doveva indicare dei siti considerati idonei per la creazione di un nuova discarica ma ha presto fatto sapere che all’interno del Comune di Roma non esistevano le condizioni per attivare alcun sito. E’ allora intervenuta la Regione che in un documento ne ha elencati sette, dei quali però nessuno possedeva requisiti tecnico-giuridici che fossero adeguati in termini ambientali, idrici e geologici. Da quel momento è quindi cominciato un iter negativo che poi si è trasformato nell’emergenza attuale.
Si può davvero parlare di emergenza rifiuti a Roma?
E’ necessario dire che questa situazione non è cominciata né oggi né ieri ma è il risultato di politiche ambientali errate che si susseguono da almeno quindici anni. E’ un problema che coinvolge tutti, da destra a sinistra, a livello provinciale, regionale e comunale e che nel tempo ha generato una situazione veramente delicata.
Qual è il problema di fondo?
Delle circa 5 mila tonnellate di rifiuti che la città di Roma produce ogni giorno, solamente il 23-24% viene trattato in differenziata. Se si riuscissero invece ad attivare gli impianti di trattamento meccanico-biologico che esistono all’interno del Comune, probabilmente il problema sarebbe risolto al 60-70%. Il problema è che la metà di queste 4 mila tonnellate rimanenti finisce in discarica come rifiuto tal quale ed è proprio da qui che parte una delle tante infrazioni dell’Unione europea: è infatti assolutamente vietato conferire in discarica un simile rifiuto, il quale deve essere prima trattato.
Cosa potrebbe fare in più Roma con i mezzi di cui dispone attualmente?
I quattro impianti presenti, due di proprietà dell’Ama e due della Colari, hanno una potenzialità di tremila tonnellate ma è possibile ampliare la produttività fino ad arrivare a 4 mila. Quindi, attraverso un lavoro sinergico tra Comune, Provincia, Regione e Commissario di governo si potrebbe far aumentare la differenziata nel 2012 e ancora di più nel 2013 e attivare il pieno funzionamento dei quattro impianti di trattamento.
Cosa diventa il rifiuto una volta trattato dagli impianti?
Il rifiuto viene sostanzialmente diviso tra secco e umido: il primo, una volta lavorato, viene utilizzato come combustibile e bruciato nei termovalorizzatori che nella Regione Lazio già esistono. La parte umida viene invece stabilizzata e, dopo un lavoro di circa un mese, diventa rifiuto residuale, una sorta di terra utilizzata per ricoprire le discariche. Quindi è chiaro che, se si potesse avviare un ciclo virtuoso di raccolta differenziata e di trattamento, ogni problema riguardante la discarica sarebbe minore perché il rifiuto non verrebbe scaricato tal quale ma solamente residuale.
Cosa è necessario dunque per cominciare un’attività del genere?
La politica deve prendere atto delle proprie responsabilità e capire che non è più possibile attuare un tale “black out democratico” in cui ogni decisione viene affidata a un commissario e in cui viene anche istituita un’emergenza che tale non è, visto che i problemi sono largamente conosciuti da tantissimi anni.
(Claudio Perlini)